Solenne inaugurazione dell’Anno della Fede

 
“Nell’Eucaristia rinnoviamo il nostro rapporto con Gesù”
 
Sabato 13 ottobre, con una solenne celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Civitavecchia, il vescovo monsignor Marrucci ha inaugurato l’Anno della fede.
Di seguito il testo integrale dell’omelia.
 
 
‘Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!’ (Sal 95,7).
 
 
Agli Ebrei, divenuti discepoli di Gesù e facenti parte della sua famiglia – la Chiesa, l’autore ispirato scrive una lettera, dalla quale è tratto il brano della seconda lettura.
 
E della Parola di Dio, oggetto della proclamazione, dà una definizione teologica, presentandola con sette qualità:

è viva: lo Spirito Santo rende questa Scrittura, Parola vivente, attuale, presente: è Cristo stesso;è efficace: opera e agisce nel cuore dell’uomo e in tutte le sue situazioni esistenziali;è tagliente più di una spada a doppio taglio: è Parola che giudica i movimenti e le intenzioni segrete del cuore umano, fin nel profondo;è unificante: di fronte alla frammentazione interiore, alla dispersione, la Parola unifica l’essere e dei molti fa un unico corpo;è luce che aiuta a discernere ciò che attraversa la mente e il cuore: tutto è scoperto ai suoi occhi;è luce di verità: favorisce la conoscenza di se stessi senza nascondimenti davanti a Colui che vede tutto e tutti;è verifica nel cammino della fede per vivere da cristiani liberi, senza condizionamenti, pur in mezzo alle molteplici offerte della vita.

 Questa Parola è Gesù Cristo. Così nella Sinagoga di Nazaret, Gesù dice di sé dopo aver proclamato il testo di Isaia: ‘Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato’ (Lc 4,21). E sulla via di Emmaus, Gesù dischiude lo spirito dei discepoli all’intelligenza delle Scritture a partire dalla sua morte e risurrezione: ‘E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui’ (Lc 24,27).
 
‘San Girolamo ricorda che non possiamo mai da soli leggere la Scrittura. Troviamo troppe porte chiuse e scivoliamo facilmente nell’errore. La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il «noi» nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire.
Il grande studioso, per il quale «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo», afferma che l’ecclesialità dell’interpretazione biblica non è un’esigenza imposta dall’esterno; il Libro è proprio la voce del Popolo di Dio pellegrinante, e solo nella fede di questo Popolo siamo, per così dire, nella tonalità giusta per capire la sacra Scrittura’.
Così scrive papa Benedetto XVI nella esortazione apostolica postsinodale del 30 settembre 2010:
‘La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa’.
 
Sant’Agostino, non esita a dire: ‘Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica’ (Contra epistulam Manichaei quam vocant fundamenti, 5,6: PL 42,176).
 
 La Parola del Padre – Gesù Cristo, nella Chiesa, sotto la luce e la guida dello Spirito Santo, ci aiuta a vedere la strada che il Signore ci traccia per seguirlo, liberi da ogni legame terreno, ci ha ripetuto il Vangelo di Marco (Mc 10,17-30) e a saper leggere la ricchezza, il potere, la salute, la bellezza con gli stessi occhi di Dio, ci esorta il libro della Sapienza (Sap 7,7-11).
 
L’Anno della Fede che inauguriamo con questa Celebrazione Eucaristica vuole aiutarci a ricentralizzare Gesù Cristo nella nostra esistenza e ad annunciarlo come la Chiesa lo custodisce.
 
 

C’è una ‘nuova evangelizzazione’ che riguarda innanzitutto tutti noi, famiglia cristiana e che deve offrirci l’opportunità di rinnovare il nostro rapporto personale con Gesù, Figlio di Dio, dentro la Chiesa, e che incontriamo nei Sacramenti, in particolare nell’Eucaristia, e che viviamo come suoi testimoni. L’annuncio nuovo, si estende poi a quanti hanno perduto la fede o ne sono rimasti ai margini, come osservatori e critici.

 
‘L’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all’esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie’ così l’enciclica del beato Giovanni Paolo II ‘La missione del Redentore’ (Redemptoris Missio, n° 42 – 7 dicembre 1990).
La domanda che Gesù stesso ha posto: ‘Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?’ (Lc 18,8), deve interpellare noi per primi.
La crisi di fede, che investe la vita di tante persone, ci coinvolge. La mentalità e la cultura relativiste minano la stessa comunità ecclesiale, cioè che la Chiesa possa parlare ancora in nome di Cristo e di Dio e che l’obbedienza alla Chiesa non abbia più quel carattere ‘mistico’, soprannaturale, di una volta. Occorre ‘riscoprire il cammino della fede per mettere in luce, con sempre maggiore evidenza, la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo’ ci esorta il Papa nella lettera apostolica ‘La Porta della Fede’ (Benedetto XVI, ‘Porta Fidei’ – 11 ottobre 2011).
 
Domenica scorsa, inaugurando il Sinodo dei Vescovi sul tema della nuova evangelizzazione, nell’Omelia ha detto:
‘Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana. Pertanto, non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione. Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo (cfr 2 Cor 5,20) è la via maestra della nuova evangelizzazione. Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo, e possono sperimentare la sua gioia per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani’.
  

C’è poi una Chiesa che evangelizza quanti sono ancora privi della conoscenza di Gesù,

      Figlio di Dio. E’ la ‘missione verso tutte le genti’. La Chiesa esiste per annunciare il 
      Vangelo a tutti i popoli, in tutti i tempi, sino all’incontro definitivo con il Signore che viene.
 
Il problema del nostro tempo è la crisi di Dio, è l’assenza di Dio, camuffata da una religiosità vuota, è il vivere senza Dio.
Se diamo uno sguardo al mondo che ci circonda, sembra constatare il grande fallimento di Dio.
  
Così diceva papa Benedetto ad un gruppo di vescovi:
‘Inizialmente Dio fallisce sempre, lascia esistere la libertà dell’uomo e questa dice continuamente ‘no’. Ma la fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande del ‘no’ umano’ Che significa tutto ciò per noi? Innanzitutto significa una certezza: Dio non fallisce. ‘Fallisce’ continuamente, ma proprio per questo non fallisce, perché ne trae nuove opportunità di misericordia più grande, e la sua fantasia è inesauribile. Non fallisce perché trova sempre nuovi modi per raggiungere gli uomini e per aprire di più la sua casa’
(Benedetto XVI, Discorso ai vescovi svizzeri in occasione della ‘visita ad limina’ – 7 novembre 2006).
 
Cari amici, come valorizzare quest’Anno della Fede?
 
Insieme all’apostolo Paolo, che afferma: ‘Con il cuore si crede’ con la bocca si fa la professione di fede” (cfr Rm 10,10) oltre la riflessione sull’atto del credere – in particolare la prima parte, sezione seconda del Catechismo della Chiesa Cattolica, cioè ‘La Professione della Fede Cristiana’ – siamo impegnati anche a riscoprire una fede ‘celebrata, vissuta e pregata’.
 
La fede inoltre deve condurre il cristiano ad intensificare la testimonianza della carità: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri’ (Gv 13,35).
Questo tempo di grazia, è l’occasione propizia perché ‘la fede, che si rende operosa per mezzo della carità, diventi nuovo criterio di intelligenza e di azione per trasformare tutta la vita dell’uomo’ (cfr ‘La Porta della Fede’, 6).
 
La vera identità cristiana la manifesta ‘la persona, adulta nella fede, che ha incontrato Gesù Cristo ed è diventato il riferimento fondamentale della sua vita: la persona che lo conosce perché lo ama e lo ama perché l’ha conosciuto; la persona che è capace di offrire ragioni solide e credibili di vita’ (Benedetto XVI, Discorso ai vescovi italiani, 24 maggio 2012).
‘Fino a scoprirsi – ha scritto il compianto cardinale Carlo Maria Martini nel lontano 1981 – come presenza del Dio assente, come segno di lui, come espressione in cui egli si manifesta, pur essendo l’inesprimibile. L’uomo, in questo senso, è parola di Dio’.
 
            Tutto questo lo chiediamo con umiltà a Colui che è Parola del Padre, il Signore-Vivente nei secoli, per intercessione della Vergine Maria, stella della nuova evangelizzazione. Così sia.
 
 + don Luigi, vescovo