Biografia e stemma

S.E. Rev.ma Monsignor Gianrico Ruzza

Monsignor Gianrico Ruzza è vescovo titolare delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina-

Nominato da papa Francesco il 18 giugno 2020 alla guida della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia si è insediato il 25 luglio successivo.

Il 12 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato vescovo della diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina – della quale era Amministratore Apostolico dal 5 maggio 2021 -, unendo “in persona episcopi” le due diocesi

All’interno della Conferenza Episcopale Italiana è Membro della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani.

BIOGRAFIA

Nato a Roma il 14 febbraio 1963, è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 16 maggio 1987 dal cardinale Ugo Poletti, allora vicario del Papa per la diocesi di Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano; nominato cappellano di Sua Santità il 17 luglio 1997, è stato eletto vescovo l’8 aprile 2016 e consacrato l’11 giugno 2016 dal cardinale emerito Agostino Vallini. Ha compiuto gli studi al Pontificio Seminario Romano Maggiore, di cui è diventato poi assistente dal luglio 1987 al marzo 1990 e quindi vicerettore fino al settembre 1997. Ha conseguito la licenza di Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana, si è iscritto al corso di dottorato alla Pontificia Università Lateranense e ha frequentato lo Studio rotale sostenendo tutti gli esami.

Nominato Vescovo titolare di Subaugusta l’8 aprile 2016, ha ricevuto l’ordinazione episcopale l’11 giugno successivo. Ha svolto il ministero episcopale a Roma come Vescovo Ausiliare per il settore centro (2016-2019) e ricoprendo l’ufficio di Prelato Segretario del Vicariato di Roma (2017-2019). Dal 2019 al 2021 è stato Vescovo Ausiliare di Roma per il settore sud. Il 18 giugno 2020 è stato nominato Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e il 5 maggio 2021 Amministratore Apostolico di Porto-Santa Rufina. Il 12 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato vescovo della diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina, unendo “in persona episcopi” la diocesi con quella di Civitavecchia-Tarquinia.

Nella diocesi di Roma monsignor Ruzza ricopriva i ruoli di assistente spirituale della comunità eucaristiche dal maggio 1997; membro della Conferenza episcopale laziale e cappellano di Sua Santità dal 1997. Ancora, è rettore della chiesa di San Gregorio Nazianzieno dall’8 gennaio 2018.

In precedenza è stato presidente dell’Istituto dei Santi Spirituali Esercizi per Uomini presso Ponte Rotto (1997 – 2006); rettore della chiesa di Santa Cecilia in Trastevere (1997 – 1998); cappellano del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico nonché rettore della chiesa annessa di San Lorenzo de’ Speziali in Miranda (2000 – 2006). Ha ricoperto quindi il ruolo di direttore dell’Ufficio clero della diocesi di Roma dal 2001 al 2006; mentre nel 2002 era a San Pio X come amministratore parrocchiale. Dal 2003 al 2006 è stato inoltre assistente ecclesiastico dell’Apostolato Accademico Salvatoriano; poi, dal 2006 al 2016, parroco a San Roberto Bellarmino, ai Parioli (nonché prefetto della VI prefettura dal 2001 al 2016). Nello stesso periodo, precisamente dal 2008 al 20912, monsignor Ruzza è stato anche segretario del Consiglio Pastorale diocesano.

Tra i servizi svolti, anche quello di delegato diocesano del Centro per il diaconato permanente, di presidente dell’Istituto interdiocesano per il Sostentamento del Clero delle diocesi di Roma ed Ostia (2011 – 2017), di membro del Collegio dei consultori (2012 – 2017), di consigliere del Fondo Speciale di Solidarietà Fraterna (2014 – 2017). Dal 2018 al 2020 monsignor Ruzza è stato consigliere dell’Opera romana pellegrinaggi (febbraio 2018 – maggio 2019), membro della Commissione diocesana per l’Arte Sacra ed i Beni Culturali (giugno 2018 – maggio 2019) e di membro del Consiglio diocesano degli Affari Economici del Vicariato (febbraio 2018 – gennaio 2020).

 

Descrizione dello stemma episcopale di Mons. Gianrico Ruzza Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia

Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:

  • uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
  • una croce astile a un braccio traverso (per identificare il grado della dignità vescovile) in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
  • un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
  • un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.

Nel nostro caso si è scelto uno scudo “bucranico”, frequentemente usato anche in araldica ecclesiastica e una croce astile in oro, trifogliata, con cinque gemme rosse per indicare le Cinque Piaghe di Cristo.

 

Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo del Vescovo Ruzza

“Troncato di rosso e d’oro: nel 1° al libro aperto dello stesso caricato delle lettere Alpha e Omega del primo; nel secondo al pellicano con la sua pietà al naturale, sanguinoso di rosso”

Il motto:
SERMO TUUS VERITAS
(Gv 17,17)

Le parole del motto episcopale di Mons. Ruzza sono tratte dal Vangelo di Giovanni laddove l’Evangelista riporta la lunga, intensa preghiera di intercessione e oblazione che Gesù rivolge al Padre, nell’ora imminente del sacrificio, per gli uomini che lo hanno seguito, che hanno creduto alle Sue parole; chiede che vengano protetti dal male con la santificazione: “Consacrali nella verità. La tua parola è verità”-“Sanctifica eos in veritate. Sermo tuus veritas est”. E’ appunto una preghiera di consacrazione, che accompagna l’invio dei discepoli a perpetrare la missione evangelizzatrice e la consacrazione avviene attraverso la Parola che è la verità assoluta, la verità della rivelazione al Figlio che la tramanda, santificandoli, ai discepoli inviati nel mondo da Gesù Cristo.

 

Interpretazione

Nella metà superiore dello scudo appare il libro aperto, simbolo della parola rivelata; esso riporta le lettere greche A e Ω (Alfa e Omega) per richiamare quanto Gesù ha affermato nell’Apocalisse di Giovanni: “Io sono l’Alfa e l’Omega” e subito dopo “il primo e l’ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13). L’Alfa e l’Omega sono rispettivamente la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, quindi dire che Gesù è l’Alfa e l’Omega è come dire che Egli è il primo e l’ultimo; le espressioni nella sostanza sono identiche. Il fatto che Gesù abbia detto di essere l’Alfa e l’Omega corrisponde ad una dichiarazione della propria divinità perché Giovanni, nell’Apocalisse, dice che sentì Dio Padre affermare queste parole: “È compiuto. Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita….” (Ap 21,6).
Se solamente il Padre fosse Dio, solo Lui potrebbe dire di essere l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, il primo e l’ultimo; il Figlio non potrebbe dirlo, potrebbe o dovrebbe dire di essere il secondo ma non il primo. Il libro è in oro, metallo più nobile, simbolo quindi della prima Virtù, la Fede; infatti, è grazie alla Fede che possiamo comprendere compiutamente il messaggio di redenzione proprio della Parola rivelata. Nella metà inferiore dello scudo è rappresentato il pellicano che, secondo la tradizione, nutre i propri piccoli con il proprio sangue: è il Pie pellicane, simbolo cristologico ed eucaristico per eccellenza, usato dagli antichi e citato da San Tommaso d’Aquino nel celebre inno Adoro Te devote: “Pie pellicane, Iesu Domine, me immundum munda Tuo sanguine”. Per i cristiani, quindi, rappresenta l’estremo sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo che sulla croce immola se stesso per la salvezza dei Suoi figli.