Storia

La diocesi di Civitavecchia-Tarquinia trae origine dalla bolla del 14 giugno 1854 con la quale Pio IX, su consiglio pressante del civitavecchiese San Vincenzo M. Strambi, ricostituì la sede episcopale di Centumcellae (l’attuale Civitavecchia), smembrandola dalla diocesi suburbicaria di Porto e Santa Rufina. Parallelamente la diocesi di Corneto (l’attuale Tarquinia) veniva distaccata da Montefiascone insieme con i centri minori del proprio circondario, Montalto e Monte Romano.

La nuova diocesi di Civitavecchia, nella quale furono comprese anche le comunità di Tolfa e Allumiere, venne unita a quella cornetana su un piano di parità e di reciproca indipendenza. A riconoscimento della continuità della cattedra episcopale, fondata sui 73 capitoli delle Costituzioni diocesane di Bartolomeo Vitelleschi, si assegnava a Corneto la precedenza nella denominazione  e nella cerimonia  della presa  di possesso.

E’ il titolo stesso della bolla pontificia (Reintegratio vetustissimae sedis episcopalis) a richiamare la pagina forse più gloriosa della presenza cristiana nella storia di Civitavecchia, quella delle persecuzioni dei secoli III e IV che videro la deportazione e morte di papa Cornelio e di altri illustri martiri, come Secondiano, Veriano, Marcelliano, Ferma (poi Fermina), i due Flaviani e Teofanio.

Da qui derivò la precoce istituzione della cattedra episcopale di Centumcellae (prima attestazione: 314, vescovo Epitteto). Particolarmente significativa è la presenza di papa Gregorio Magno, più volte attestata dai Dialogi e dalle Homiliae, che diede autorevole impulso, anche nell’ambito temporale, alla vita della comunità nata attorno al porto.

Successivamente alle incursioni saracene e alla fondazione della città fortificata di Leopoli-Cencelle (IX sec.), Civitavecchia era stata sottomessa alle diocesi di Tuscania (1093) e di Viterbo (1192).

La penetrazione del cristianesimo nel territorio di Tarquinia fu molto meno facile, anche a causa della resistenza opposta dalla scienza augurale, fulgurale e aruspicina degli Etruschi, che proprio a Tarquinia si diceva fossero nate.

Le più antiche attestazioni della partecipazione di vescovi di Tarquinia ai sinodi romani risalgono al 465, 487, 499, mentre il sinodo del 504 è sottoscritto dal vescovo di Gravisca, che aveva conseguito l’autonomia. Ormai ridotta a pieve, la plebs S. Mariae in Tarquinio, anche la chiesa tarquiniese appare nell’elenco della bolla inviata al vescovo di Tuscania Virobono da papa Leone IV nell’852.

L’insediamento di Corneto conobbe precocemente, con la cella di S. Maria al Mignone, la presenza del monachesimo benedettino, che diede un contributo fondamentale alla costituzione dei nuovi nuclei di urbanizzazione.

Un altro grande ordine monastico, quello agostiniano, fu successivamente presente nella storia di Tarquinia con la chiesa, il grande convento di S. Marco, gli eremi della Trinità  e di S. Agostino in litore, a cinque miglia da Civitavecchia.

Il 1700, il secolo della maggiore decadenza economica e demografica di Corneto, è illuminato dalla presenza di Santa Lucia Filippini, fondatrice dell’ordine delle maestre pie, e di S. Paolo della Croce, che volle l’erezione dell’eremo (1759) e del primo convento femminile dell’ordine della passione (1771).

La bolla di Pio IX recepiva anche sul piano dell’organizzazione ecclesiastica i grandi progressi realizzati da Civitavecchia, già sede di una delle due delegazioni della Provincia del Patrimonio (1816).

Nei due secoli precedenti, l’affermazione della borghesia cittadina, costituitasi attorno ai traffici portuali, si era segnalata anche per la costruzione dei più importanti edifici religiosi di Civitavecchia: la chiesa di S. Francesco, 1610, poi elevata a cattedrale della nuova diocesi (F. Andreotti); la cappella di S. Ferma nella chiesa di S. Maria, 1647, e la chiesa di S. Giovanni, 1653 (T. Collemodi); la chiesadell’Orazione e Morte, 1702 (fratelli Pucitta e Poli), la chiesa e il convento dei Cappuccini, 1713-1729 (G. Pazzaglia).

I due ordini religiosi mendicanti avevano gestito in esclusiva la vita religiosa della città: i domenicani dalla chiesa matrice di S. Maria Assunta, fino al 1805 unica parrocchia cittadina, e i francescani conventuali dalla chiesa di S. Francesco, mentre l’assistenza ai galeotti della darsena e a quanti operavano nel porto era affidata ai cappuccini. Il clero secolare fece dunque ingresso in Civitavecchia soltanto alla vigilia della costituzione della nuova diocesi.

Oltre al rilievo, anche politico, che ebbe la chiesa di S. Maria, distrutta dai bombardamenti del 1943, va sottolineata la presenza e l’attività delle confraternite del Gonfalone, del Santissimo Nome di Dio, dell’Orazione e Morte, che continuano ad avere largo seguito presso la popolazione.

(a cura di Giovanni Insolera, direttore dell’Ufficio diocesano dei Beni culturali)