Saharawi: un popolo dimenticato? (2)


Riportiamo la seconda ed ultima parte della testimonianza sulla drammatica condizione di questo popolo africano, a seguito del recente viaggio per il  progetto “Oasi nel deserto’
 
 
Saharawi: un popolo dimenticato?
(2)
 
di Suor Elena Pregolini
 
 
(segue)
È’ una vergogna che dura da più di trent’anni e da diciassette attende una soluzione dopo che è stata sospesa la guerra in seguito alla promessa di un referendum in cui i Saharawi dovrebbero dichiarare se vogliono diventare un Paese indipendente, se restare sotto il dominio del Marocco o se diventare una provincia autonoma del Regno: tuttavia il referendum non è stato mai effettuato; da precisare che gli Stati Uniti e lo Stato di Israele hanno dato il loro contributo nel costruire il muro più lungo e più ignorato del mondo. Mantenere il muro costa ogni anno più o meno quanto l’Europa versa al Marocco per ostacolare l’immigrazione “clandestina”: poco meno di seicento milioni di euro.
Da trenta anni i Saharawi hanno creato nel deserto arido e senza vita una struttura civile funzionante: grande è stata la solidarietà internazionale, ma essi si sono adoperati soprattutto da soli per la propria sopravvivenza. Tutti i bambini vengono portati prima all’asilo nido, poi frequentano la scuola elementare (sette classi); è stata inaugurata anche la prima scuola secondaria; molti giovani frequentano l’università ad Algeri, a Cuba o in Europa. Hanno aperto negozietti, fabbricano mattoni per costruire le nuove case; promuovono l’artigianato.
Questa esperienza per me risulta indimenticabile: dura per alcuni aspetti, ma molto ricca di emozioni. Più volte mi sono sentita impotente di fronte a tanta povertà, ma nello stesso tempo sono stata profondamente colpita dalla serenità di questa gente, dalla loro gioia nel condividere quello che avevano: prima facevano mangiare noi, mentre essi aspettavano perché avrebbero consumato quanto fosse rimasto. Nell’osservare i bambini scalzi che andavano a scuola a piedi tenendosi per mano felici mi chiedevo se fossero più fortunati loro o i nostri, accompagnati a scuola in auto per le strade tanto trafficate, sempre scontenti e mai felici.
La sera provavo tanta emozione quando, alzando lo sguardo al cielo, osservavo miriadi di limpide stelle che per noi sono solo un sogno, soffocati come siamo da tanto inquinamento atmosferico.
Quanti paesi, soprattutto dell’Africa, sono ancora abbandonati! Io, per esempio, se non fosse stato per l’esperienza di questa estate con i bambini che il Comune di Allumiere ha ospitato, non sapevo dell’esistenza di questo popolo che vive nella precarietà più assoluta!
Mi sento di ringraziare l’Associazione ASPS per quello che hanno fatto e stanno facendo per questo popolo e per l’esperienza che a me personalmente ha permesso di fare in collaborazione con il Comune di Allumiere.