«Cuore, testa e sano realismo per leggere i segni dei tempi»

Economia, lavoro ed emergenza educativa: l'intervista al vescovo Gianrico Ruzza su Lazio Sette

Gianrico Ruzza, vescovo di Civitavecchia- Tarquinia e di Porto Santa Rufina, componente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei riflette sulla situazione attuale della società, dell’economia e del mercato del lavoro, guardando anche a quale ruolo potrà avere la pastorale sociale e del lavoro nel Lazio.

«Certamente il cambiamento che ci piaccia o no è inevitabile e sta toccando la vita delle persone. Quello che preoccupa di più è la difficoltà a vivere una vita dignitosa, anche perché c’è un individualismo progressivo, una mancanza di relazioni – spiega Ruzza -. Penso che il cammino sinodale sia una straordinaria opportunità per vivere un tempo in cui il metodo non è più predefinito, non è un format, ma è un ascolto delle situazioni, un incontro con le persone, una rete di relazioni. Questo crea un metodo diverso: cioè, si parte da quello che trovo, da quello verifico, da quello che sento e tocco. Così, posso poi, fare un’azione per annunciare una speranza nuova, perché come dice la Dottrina sociale della Chiesa, noi annunciamo la salvezza di Gesù anche nelle situazioni più complicate della vita e del lavoro».

I giovani sono sfiduciati rispetto alle opportunità di lavoro. Il progetto Policoro può essere segno di speranza?

Il progetto Policoro è un piccolo gioiello nel panorama nazionale. Ha dimostrato che si può fare qualcosa di buono per incentivare l’imprenditoria e il lavoro giovanile. È da difendere e da incentivare. L’importante però, è metterci cuore, testa e un sano realismo. Purtroppo il sistema economico non lo considera un’opportunità valida perché vive nella logica del profittevole. Credo che però vada fatta un’analisi più ampia, il che vuol dire considerare che l’economia sta cambiando: si va verso uno stile di vita più eco-sostenibile. Nello stesso tempo bisogna tener presente anche tutto il cammino dell’economy of Francesco, cioè il fatto che c’è da ripensare il metodo dell’economia. Dall’altra parte se non sogniamo non saremo profeti e se non rischiamo non siamo dei buoni testimoni. Bisogna entrare in relazione con il mondo imprenditoriale dicendo, non è detto che tutto quello che già esiste è necessariamente valido anzi è criticabile proprio perché le cose stanno cambiando e la gente non respira più.

Il ruolo della pastorale sociale e del lavoro può essere da stimolo per idee nuove?

Bisogna avere il coraggio di fare delle proposte, sapendo però, che dobbiamo entrare in relazione con il sistema economico, che si presenta stabilizzato dal punto di vista industriale e finanziario. Dobbiamo interagire con questo mondo trovando degli spazi. Sotto questo aspetto credo che l’attuazione della riforma del Terzo settore può darci degli spazi importanti in quanto l’economia non può essere solo quella che fa soldi, ma è quella che rende vivibile la vita di tutti in modo sostenibile ed onesto.

Con la crisi molti adulti hanno difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro: che cosa si può fare?

L’importante è che tutti quanti nella comunità cristiana non ci fermiamo al tradizionale. Come dice papa Francesco dobbiamo avere il coraggio di buttare qualcosa dalla finestra perché molte delle cose che facciamo sono belle, ma non sono rispondenti alle necessità di oggi. Lo dico anche a livello di ascolto Caritas che sta cambiando: oggi, si va molto più sullo psicologico, sulla solitudine, sull’abbandono, sui drammi familiari, sulla povertà educativa. Aggiornarci su tutto ed essere costantemente attenti ai segni dei tempi chiede un adeguamento della formazione degli operatori per dare delle risposte. Tra le povertà di questo tempo da segnalare ci sono la solitudine e quella educativa; soprattutto quella degli adolescenti che sono depauperati di ogni strumento critico per affrontare la vita.

(Costantino Coros, Lazio Sette del 17 luglio)