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Domenica 8 luglio si celebra la Domenica del mare, le chiese cristiane pregano per i lavoratori marittimi

Ricordare i marittimi e le loro dure condizioni di lavoro, pregare per le loro famiglie e per coloro che li assistono. È questo il significato della Domenica del Mare che la Chiesa celebra domenica 8 luglio in tutto il mondo.
Dal 1975 il secondo fine settimana di luglio è una giornata in cui le comunità vengono sensibilizzate a conoscere l’importante contributo lavorativo dei marittimi all’economia di tutti i paesi del mondo. Una tradizione nata in Inghilterra quando l’Apostolato del Mare della Chiesa Cattolica, la Mission to Seafarers degli Anglicani e la Sailors’ Society della Free Church promossero una preghiera comune per le difficoltà in cui versava il settore. Una ricorrenza che da allora ha assunto anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umano-lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente alle diverse chiese cristiane dando testimonianza di unità di intenti e cooperazione nel proteggere i diritti dei marittimi.
 
Sono 1,2 milioni i marittimi di ogni nazionalità «che professano fedi diverse, costretti a vivere per svariati mesi nello spazio ristretto di una nave, separati dalle loro famiglie e dai loro cari». A loro è dedicato il messaggio del cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, in occasione della Domenica del Mare.
Nel documento, Turkson mette in evidenza quattro aspetti della vita dei marittimi. Anzitutto le condizioni di lavoro perché «gli equipaggi non dovrebbero vedersi negata la libertà di scendere a terra». Permane il pericolo della violenza e della pirateria. «Chiediamo ai Governi e agli armatori – si legge – di mettere in atto tutti i meccanismi necessari per proteggere la vita delle persone in mare e ridurre al minimo il costo economico». Nel documento si denuncia l’abbandono di navi e equipaggi, un fenomeno che continua e che, negli ultimi cinque anni ha riguardato oltre 1.300 marittimi. «Una volta abbandonati, i marittimi vengono lasciati soli a preoccuparsi del cibo, del salario, del loro stato di immigrati» assistititi dal volontariato e dai cappellani. Da ultimo, citando l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, vi è un richiamo per l’impatto ambientale sugli oceani per «prevenire e ridurre in modo significativo da parte del settore marittimo, l’inquinamento marino da plastica, diminuire le emissioni di gas serra prodotte dalle navi, e implementare altre normative che impongono l’uso di carburanti più puliti in mare».