Il Convegno diocesano del prossimo 8 ottobre apre il nuovo anno pastorale in una fase storica molto importante per la Chiesa. Oltre al Sinodo sulla famiglia iniziato il 4 ottobre, i prossimi mesi vedranno il Convegno ecclesiale di Firenze e il Giubileo della Misericordia.
Una Chiesa che sembra un grande “cantiere” e molte sono anche le speranze che i fedeli di tutto il mondo ripongono in questi appuntamenti. In questa “vigilia” particolare abbiamo incontrato il vescovo Luigi Marrucci per la tradizionale intervista che precede il Convegno diocesano.
Che stagione ci aspetta?
Nel convegno di giovedì prossimo continua la riflessione intorno al tema della famiglia, che la diocesi, fin dal mio ingresso, ha scelto come impegno prioritario.
L’incontro inaugura anche una ricca stagione pastorale: il Sinodo che pone la sua riflessione sulla famiglia perché venga ricollocata all’interno della grande famiglia che è la Chiesa: le famiglie sane, quelle ferite e quelle “in formazione”, tutte bisognose di particolare attenzione.
A Firenze poi si svolge il quinto Convegno ecclesiale sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Ricalca una prassi ormai consolidata che a metà decennio, la Chiesa italiana faccia il punto sugli orientamenti pastorali e, di questi, evidenzi un aspetto significativo.
La vita nova fu l’anima dell’umanesimo, il vasto movimento culturale, filosofico e artistico nato nel capoluogo toscano tra la fine del trecento e il quattrocento, premessa culturale del Rinascimento, che poneva l’uomo al centro dell’universo considerandolo artefice e padrone del proprio destino. Il nuovo umanesimo è l’incontro con la Persona di Gesù, fondamento e modello di vera umanità. La questione cardine da affrontare è costituita dall’urgenza di rifondare il pensiero sull’uomo e sulla famiglia a partire dalla persona e dall’insegnamento di Gesù Cristo. E questo non può non avvenire se non attraversando la porta della Misericordia: è il Giubileo voluto dal Santo Padre.
L’Anno Mariano diocesano si concluderà alla vigilia del Giubileo. Ha chiesto alle parrocchie di stare «alla scuola di Maria» valorizzando la pastorale ordinaria. Che risposta c’è stata?
Domenica 13 dicembre in Cattedrale si concluderà l’Anno Mariano diocesano e si aprirà il Giubileo della Misericordia. In questa circostanza ci sarà in diocesi un’unica celebrazione eucaristica per offrire ai sacerdoti e ai fedeli la possibilità di convenire ed esprimere l’unica Chiesa di Cristo.
L’Anno Mariano ha avuto momenti diversificati: la valorizzazione delle feste e dei mesi dedicati a Maria; le settimane mariane parrocchiali in cui la catechesi alle persone e alle famiglie doveva essere preminente; infine, dal 14 al 22 novembre prossimo, la presenza dell’Immagine della Madonna del Rosario di Pompei prima a Tarquinia e poi a Civitavecchia per implorare il dono della Misericordia. Anche il pellegrinaggio a Torino, inserito in questo contesto, ha dato buoni risultati.
In tutte le comunità c’è stata buona partecipazione di fedeli e Maria ha certamente condotto tanti cuori al suo Figlio, rinnovandoli con i sacramenti.
«Chiesa in uscita: abitare le periferie esistenziali ed ecclesiali per un nuovo umanesimo» è il titolo che lei ha proposto per il convegno. Alla luce della visita pastorale che sta compiendo, sarà questo il terzo anno, quanto ancora c’è da fare?
La Visita pastorale non si ferma, rallenta solo il passo per l’avvicendamento di alcuni parroci prevalentemente nella zona pastorale di Civitavecchia. Essa mi impegna a incontrare tutte le varie realtà pastorali per poterle confermare nella fede e incoraggiarle su strade nuove, dove il vento dello Spirito Santo conduce. In modo faceto dico sempre ai miei sacerdoti e agli operatori pastorali: «non mi troverete mai a fare il pompiere, piuttosto il piromane» perché occorre trovare tutti i modi e perseguire tutti i mezzi perché Cristo incontri l’uomo e lo trasformi. La vita in Cristo è nuova quando ogni persona vive la relazione buona con il Padre e con i fratelli e le sorelle. La vita nuova, che si esplica nelle relazioni, negli affetti, nelle povertà, nelle malattie e nella stessa morte, trasforma la nostra humanitas, segnata e rinnovata dalla grazia della presenza di Cristo – il Risorto, l’uomo nuovo – e rende idonei a percorrere un cammino di comunione, che è cammino di santità.
Il nuovo anno vede l’avvicendarsi dei parroci in sette comunità, cambiamenti fisiologici per una comunità che cresce, ma che portano a riflettere sul ruolo dei laici nelle attività pastorali.
Stiamo vivendo il millennio del laicato. La costituzione conciliare Lumen Gentium ha posto come pietra miliare il popolo di Dio, all’interno del quale vi sono i vari servizi ministeriali, compresi quelli ordinati. Occorre pertanto un laicato meno clericale e meno nostalgico del passato, ma più corresponsabile; meno chiuso nelle sacrestie e più creativo e impegnato in un’azione pastorale condivisa. L’alternarsi dei presbiteri nelle comunità ecclesiali serve anche a risvegliare questo desiderio e a rendere più determinato l’impegno della presenza dei laici nella vita parrocchiale.
Il Giubileo di Papa Francesco vedrà protagoniste le Chiese locali. Come si prepara la nostra Diocesi?
La nostra Chiesa si apre al Giubileo della Misericordia con gioia e con gratitudine: accoglie il perdono di Dio – e tutti ne abbiamo tanto bisogno! – per donare misericordia a tutti gli uomini. I prossimi Consigli presbiterale e pastorale che si terranno nel mese di ottobre definiranno le varie attività: fin da ora posso anticipare che unica sarà la porta santa in diocesi quella della Cattedrale; altre porte e in alcune circostanze particolari potranno essere gli ospedali, le case di accoglienza per disabili e persone anziane, gli istituti penitenziari. L’anno giubilare trova anche inserito per la Chiesa italiana il congresso eucaristico di Genova dal 15 al 18 settembre 2016. Questo ci porta a valorizzare l’esistente e ripristinare nelle parrocchie le “adorazioni solenni”, le cosiddette quarant’ore; di dare risalto alla esperienza di “24 ore per il Signore” che papa Francesco ha promosso lungo il cammino quaresimale; di intensificare la fede e l’adorazione di Gesù Eucaristico nella solennità del Corpus Domini.
Infine sarà promosso, come impegno diocesano, un gesto concreto di carità.
Ma tutto questo serve nella misura in cui una persona si lascia avvolgere dal manto della Misericordia e della Grazia di Dio e diviene messaggera di perdono e di riconciliazione per tutti i fratelli.