La lettera del Vescovo

«Siamo al cuore dell’esperienza cristiana»

Lettera del vescovo: "viviamo la Quaresima con entusiasmo e come occasione ulteriore che il Signore ci offre per crescere nel Suo Amore"

Carissime sorelle e carissimi fratelli in Cristo, inizia oggi il tempo della Quaresima. Viviamolo con entusiasmo e cogliamolo come occasione ulteriore che il Signore ci offre per crescere nel Suo Amore.

Condivido con voi il percorso liturgico che la Chiesa ci offre in questo anno (anno B), che è evidentemente caratterizzato dalla crisi originata dalla pandemia. Viviamo una crisi sanitaria, sociale, economica, che la prof.ssa Marta Cartabia – ministro della Giustizia – definisce crisi esistenziale. È realmente così! La paura della malattia, il dolore generato nel cuore di noi tutti dalle sofferenze e dalla perdita dei nostri cari, la prospettiva di un domani economicamente incerto…ci fanno vivere in una profonda insicurezza e spontanee nascono queste domande, ormai “incarnate” nella nostra quotidianità: “Che ne sarà del nostro futuro? Con quali prospettive i nostri giovani affrontano il proprio domani?”. Noi credenti non dovremmo trarre da esse motivi di paura e di sconforto; infatti, da questi interrogativi sorge un’occasione di discernimento e di crescita nella comprensione della vita letta nella fede. La forza della vita è maggiore della paura della morte: il nostro cammino è proteso alla Pasqua del Signore, non dimentichiamolo mai!

14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 14-21, IV domenica di Quaresima).

La certezza che “chiunque crede in Lui avrà la vita eterna” ci consola. Il tempo della Quaresima ci è dato per scrutare il nostro cuore e vedere le tenebre che oscurano lo sguardo e mandano in sofferenza la speranza. Chi di noi non vive sentimenti di timore e di preoccupazione? Sapere che la vittoria sta nella fede in Lui, in Colui che è il Vivente, che ha sconfitto la morte è la vera consolazione che dobbiamo desiderare. Questo tempo santo ci deve ricondurre a tale certezza!

15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. 19 Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. 20 Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. (Gv 2, 15-22, III domenica di Quaresima)

È giunto a noi il tempo della vita nuova. Non occorrono più i culti esteriori ed idolatrici. Siamo al cuore dell’esperienza cristiana ed anche noi, come i discepoli, possiamo fare memoria e ricordare che Lui ha annunciato la Sua Resurrezione. Per farlo occorre credere alla Scrittura e alla Parola di Gesù. Desidero che ciascuno di noi in questo tempo santo possa interrogarsi sul proprio rapporto con la Parola di Dio e possa verificare se crede alla Scrittura. Lì Dio si è rivelato, la Parola che ci ha donato ci narra il Suo Amore, l’Eucarestia che celebriamo è attualizzazione del Mistero Pasquale e tutta l’opera salvifica nasce proprio dalla Parola che si fa carne. Non c’è vita cristiana se non si crede alla Parola del Signore, non c’è esperienza di Dio se questa Parola non permea il nostro cuore.

La Quaresima è un tempo privilegiato per accogliere quanto ci viene detto e rivelato.  Imparare a “leggere” ciò che l’incontro con gli altri ci comunica è un impegno che può caratterizzare il momento storico che viviamo. La scelta di dedicare particolare attenzione all’esercizio del “silenzio” rafforza la nostra capacità di ascoltare “leggendo”; l’antica tradizione cristiana, infatti,  già del V secolo ci presenta la lettura come un’azione tipicamente quaresimale.

L’ora delle tenebre e dei mercanti del Tempio è segnata: il Signore Gesù è l’unico Re della nostra vita ed è la Luce che sconfigge le tenebre (Gv 18, 37; Gv 8, 1).

Lo seguiremo? Il nostro cammino è vissuto in vista dell’autentica “sequela” del Signore? Desideriamo essere veramente credenti? Non ci meraviglieranno queste domande poste nel contesto della Quaresima, che è invito alla conversione del cuore e al riconoscimento dei nostri peccati e delle nostre fragilità. Dalla Quaresima sfoceremo nella Pasqua gioiosa, in una meravigliosa continuità che fa della nostra vita spirituale un fiume di Grazia. È il passaggio dalla riflessione / silenzio alla gioia / dinamicità di impegno e servizio in favore dei fratelli sofferenti. Perciò siamo invitati a seguire Gesù…

23 Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24 In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. (Gv 12, 23-26, V domenica di Quaresima)

Possiamo e dobbiamo seguire Gesù, intraprendere la Sua via, che ci conduce a considerare la bellezza e l’importanza della nostra vita non in base ai successi umani e alle soddisfazioni momentanee, ma in virtù della capacità di donarci che abbiamo maturato. Come ha fatto Lui, che è il sacerdote che ci occorreva (Eb 5, 7-9) e che è venuto a darci tutto. Solo così possiamo ritrovare la speranza della convivenza umana…..

La Quaresima sia un tempo santo, in cui ogni comunità della Diocesi decide di meditare e interiorizzare il cap. 4 dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco: un invito a pensare la vita di relazione in piena armonia con il disegno creazionale del Padre. Quanto cammino dobbiamo ancora compiere per rispondere alla nostra vocazione ad essere “custodi” del creato e della casa comune!

Per chiunque cerchi di dare  all’uomo una fisionomia, la risposta è pronta e completa. C’è il Cristo, Gesù «Egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo» – che sempre da se stesso conosce ciò che è nell’uomo e all’uomo dà definizione e insuperabile psicologia. Si vuole dare alla vita umana un senso morale e sociale? Ci si troverà di fronte a Cristo, il quale appunto ha portato nel mondo tutti gli elementi per un’intesa e una comunione perfetta fra i redenti. Le negazioni poggiano dunque su basi fragili, su malintesi od equivoci.  Certuni si credono lontani ed hanno dinanzi un orizzonte cosparso di ombre, mentre la luce è vicina; è dietro le spalle. Dal diaframma opposto a tanta luce insorgono i fantasmi della paura, della negazione e sovente pure della cattiveria. «Voltatevi» questo l’energico invito del Padre: voltatevi e guardate in faccia Colui che andate cercando, forse senza saperlo.              (San Paolo VI, Discorso allo Studium Urbis, 14 marzo 1964)

La fraternità umana, auspicata con forza e con “gioia” da Papa Francesco, è la vera speranza che possiamo coltivare nel cuore in questo tempo santo, per uscire dalla tristezza dei mesi trascorsi. In Fratelli tutti il Papa ci esorta:

L’amore, infine, ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. Gesù ci ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). (Papa Francesco, Fratelli tutti, 95)

L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune. (Papa Francesco, Fratelli tutti, 105)

Una fraternità di tal genere, che ri-fonda la convivenza umana, è nutrita dalla certezza che la forza dell’Amore è più grande di ogni cosa.

35 Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Come sta scritto:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
siamo considerati come pecore da macello.

37 Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38 Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39 né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore. (Rm 8, 35-39, II domenica di Quaresima).

Con queste parole dell’Apostolo Paolo mettiamo al sicuro la consapevolezza che l’Amore nutre e sostiene ogni scelta della nostra vita e che nulla potrà turbarci. Dinanzi alle preoccupazioni del tempo che viviamo, considerando i conflitti che insanguinano diverse regioni del mondo, tenendo nel cuore le sofferenze di tanti innocenti e le violenze inaudite che moltissimi soffrono (in particolare donne e bambini),  guardiamo al Signore che non farà mancare mai la Sua presenza e la Sua consolazione. Il tempo santo che viviamo sia occasione di preghiera, si stimolo a prendere consapevolezza e coscienza dei drammi dell’umanità contemporanea, sia invito ad un impegno ulteriore nella dimensione dell’ascolto e del servizio degli ultimi della terra, degli scartati dal mondo.

La tradizione cristiana suggerisce in questo tempo santo tre modalità per “esercitare” il nostro cuore e prepararlo degnamente al grande evento pasquale. Si tratta della preghiera, dell’elemosina e del digiuno. Ogni comunità potrà decidere come aiutare i propri fedeli a camminare in questi sentieri, che richiamano aspetti spirituali e pratici.

Durante questo tempo di Quaresima custodiamoci un momento per meditare la Parola di Dio; quest’anno ci accompagna l’evangelista Marco, dunque leggiamo ogni giorno piccoli brani del testo: sarà questo l’alimento della preghiera. Inoltre, nel pieno dell’Anno dedicato a S. Giuseppe, avrete in mano un piccolo sussidio con le preghiere a questo grande santo, che potreste recitare ogni giorno in piena sintonia con Papa Francesco. Nella nostra Chiesa locale l’anno di S. Giuseppe inizierà il 19 marzo.  In tutte le chiese dedicate a S. Giuseppe nella Diocesi (S. Giuseppe a Campo dell’Oro, S, Giuseppe operaio a Pescia, S. Giuseppe a Tarquinia) e nella Cattedrale di Civitavecchia, dinanzi all’immagine del Santo sarà accesa permanentemente una lampada votiva; la fiammella sarà il segno del nostro amore al Custode del Redentore (secondo la meravigliosa definizione di San Giovanni Paolo II) e della devozione che gli attribuiamo, invocando da Lui la protezione nel nostro cammino di fede. A Lui, uomo credente che ha fatto della fede nel Dio di Israele il cardine delle sue scelte e il perno del “coraggio creativo” (secondo la straordinaria espressione di Papa Francesco in Patris Corde), affidiamo il nostro percorso di viandanti alla ricerca della Verità. Giuseppe, figlio di Dio, fratello di ogni uomo assetato di senso, padre putativo del Signore Gesù e padre di ogni genitore, patrono della Chiesa e di tutti i lavoratori, sarà il nostro accompagnatore spirituale in questo tempo santo.

Nei prossimi mesi, alla luce dell’esortazione di Papa Francesco a guardare S. Giuseppe come “uomo della tenerezza”, organizzeremo alcuni incontri dedicati proprio alla virtù della tenerezza, nei suoi aspetti teologici, spirituali e sociali. Lo faremo, per come sarà possibile, in base alle condizioni epidemiologiche e la comunicazione del cammino che proporremo sarà offerta prima della Santa Pasqua.

Vivere il digiuno non è solamente o principalmente un gesto penitenziale. È un “segno” di vigilanza e di attenzione alla storia in cui viviamo. Consideriamolo un gesto di solidarietà con chi vive nella penuria e nella fatica della crisi economica di ogni giorno. Rinunciare a qualcosa sulle nostra tavola (le modalità “minime” sono quelle indicate dalla prassi della Chiesa, ma ciascuno è libero di compiere gesti anche più forti, sempre in proporzione alle forze fisiche di cui dispone) sia occasione di solidarietà e di prossimità con chi soffre ogni giorno e non ha quanto necessario per una corretta alimentazione.

Il digiuno deve essere pensato come una “custodia” del cuore. Ci insegna a prendere le distanze dalla banalità, dal consumismo, dove tutto è scontato e immediato, dalla cupidigia, dall’esagerazione (una volta si parlava del peccato di gola…). Diviene un modo per prepararsi a gioire del cibo, come di ogni altra relazione con il mondo esterno, con serietà e profondità.

C’è, a questo proposito, un’ulteriore attenzione da avere: il nostro è il tempo dell’invasione dei social e della aggressione mediatica. Mi piace pensare che i credenti scelgano in questo tempo santo della Quaresima gesti di digiuno anche da un eccessivo uso dei social. Non sarebbe utile nelle nostre famiglie scegliere di sospendere per alcune ore della giornata (e ancora di più nella tarda serata) la frequentazione delle pagine social, considerando soprattutto le gravi situazioni che si stanno verificando per l’uso erroneo che ne viene fatto (i danni provocati ai nostri giovanissimi da Tik Tok e gli inviti a gesti folli, ivi compresa l’ipotesi del suicidio; gli effetti devastanti del cyber bullismo oramai in grande espansione; le fake news che inquinano il clima sociale delle nostre città… non credo ci sia bisogno di continuare)?

La Caritas diocesana, che è un organismo pastorale della Diocesi ed agisce sotto la mia diretta responsabilità, in sintonia con le associazioni di servizio presenti nel nostro territorio, sta facendo quanto è possibile per alleviare le fatiche e risolvere le problematiche di tante famiglie aggravate dalla crisi economica susseguente alla pandemia. È il momento di sentire che tutti possiamo dare una mano. Fare elemosina vuol dire contribuire con raccolte alimentari, con offerte economiche, ma anche dare un po’ del proprio tempo per ascoltare i sofferenti e dedicare loro una sincera attenzione, regalando un sorriso (anche attraverso la mascherina!) e un abbraccio (per ora virtuale!). Sarei felicissimo di accogliere nuove disponibilità ad operare come “ministri” nei centri di ascolto delle parrocchie, nel Centro di Ascolto Caritas della Diocesi, nelle varie associazioni, che molto fanno per accompagnare la vita di tante sorelle e tanti fratelli. A Tarquinia, a breve, sorgerà un emporio della solidarietà grazie all’Associazione Semi di Pace e alla Caritas diocesana. Un particolare motivo di riflessione deve essere la situazione degli anziani, che vivono questo tempo della pandemia come un ulteriore aggravamento della propria solitudine: l’impegno della Comunità di S. Egidio ci incoraggia a fare di questa attenzione una priorità dei nostri cammini comunitari. Non abbandoniamo i senza tetto alla solitudine delle nostre strade gelide, ancora più vuote a causa del cosiddetto coprifuoco, non permettiamo al virus dell’indifferenza di corrodere i sentimenti di vicinanza e di solidarietà che ogni credente coltiva nel suo cuore! Quando si pensa all’elemosina dobbiamo sempre ricordare quanto dice Gesù a proposito della vedova che dona tutto:

“In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. 4 Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere”. (Lc 21, 3-4)

Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio. (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2021)

Il tempo santo è l’occasione per camminare – uniti e gioiosi – verso una crescita integrale della nostra vita nel Signore. Dice Papa Francesco:

In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa. Questa Verità non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte, ma è un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza. Questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita. (Messaggio per la Quaresima 2021)

Guardando verso la notte di Pasqua, in cui contempleremo la definitiva sconfitta della paura, dell’angoscia e della morte, auguro a tutti un intenso cammino quaresimale: un cammino di preghiera, di meditazione, di purificazione, di riconciliazione.

Sì, Cristo ci salva; Egli è l’unica causa meritoria della nostra giustificazione. Raggiunto Lui, è raggiunta la salvezza. Teniamo bene presente questa fondamen­tale dottrina: solo Cristo ci salva. Come risulta dalla teologia, che l’apostolo San Paolo specialmente illustrò e propugnò, in termini più chiari nella Lettera ai Romani e in quella ai Galati: Cristo è necessario, Cristo è sufficiente … Non lasciamo passare questo «tempo propizio» (2 Cor 6, 2). Comincia con la tristezza delle ceneri, prosegue per il sentiero stretto della penitenza, termina nella celebrazione della Pasqua di risurrezione. (San Paolo VI, Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, 16 febbraio 1972)

«Poi venni schiaffeggiato. Mi caricarono della croce ma le mie spalle erano troppo debo­li per sopportare una simile vergogna.
La croce ha due significati: da una parte il legno senza speranza, dall’altra la dualità pre­cisa di chi sulla terra è soltanto un figlio di un falegname e come tale era un pazzo che si era messo in discussione con Dio.
La soldataglia era contro di me e contro le mie origini. Avrei voluto dire agli uomini che le mie origini erano divine come quelle di qualsiasi uomo al mondo, che erano state crea­te da Dio.
Ma per testimoniare questo dovevo morire. E per morire dovevo essere esente da qualsiasi preghiera.
Voi non avete patito come me i misteri dell’anima fino nel profondo.
Essa è un giaciglio di bene e di male, è uno spaventoso abisso.
Andai a liberare anche le anime dei non cre­denti e non mi dimenticai neanche di Orfeo, e del liuto della misericordia che Dio fa suonare nel cuore degli uomini quando si sentono fer­mi nella solitudine e non osano più muoversi dal letto del dolore.
Insegnai agli storpi a camminare, ai ciechi a vedere, alle acque del cielo ad addormentarsi.
Avevo compiuto miracoli per ogni dove ma soprattutto avevo paura del vuoto, del vuoto e del precipizio angelico.
Mi appesero a una croce e ringraziai gli uo­mini che mi avevano inchiodato affinché il de­monio non mi prendesse.
Passarono gli angeli a servirmi. L’ultima spugna di aceto con cui mi dissetarono divenne nettare alle mie labbra ormai secche.
Quello che tutti gli uomini non avevano ca­pito è che io, il Figlio di Dio fatto uomo, il Messia, avevo soltanto sete d’amore.»
(Alda Merini, Poema della Croce, Milano, 2004, Mondadori)

La protezione di Maria Santissima Madre della Chiesa, l’intercessione di S. Giuseppe patrono della Chiesa ci accompagnino in questo percorso di crescita e di illuminazione spirituale. Vi benedico con grande affetto.

Civitavecchia, 17 febbraio 2021