«La prossimità fa la differenza»

Durante la Settimana di fraternità si è svolto l'incontro di fine anno dei sacerdoti con il vescovo Gianrico Ruzza

Un bilancio sull’anno pastorale che si avvia alla conclusione, un approfondimento della prima fase del cammino sinodale e le prospettive di come continuare. Sono questi i temi che il vescovo Gianrico Ruzza ha proposto ai presbiteri nel corso dell’incontro di formazione che si è svolto giovedì scorso, 28 luglio, nella Casa Regina Pacis di Tarquinia Lido.
La conferenza del presule ha concluso la Settimana di fraternità che il clero ha vissuto nella struttura diocesana alternando al riposo anche momenti di preghiera e riflessione.

Il vescovo ha introdotto il suo intervento spiegando la particolarità dell’anno appena trascorso, in cui le comunità hanno convissuto con la pandemia da Covid-19 e allo stesso tempo «abbiamo sperimentato le difficoltà a trovare una normalità». Complessivamente, ha detto il presule, questo tempo «non è stato positivo per la salute spirituale». Un anno che ha visto anche un cambiamento di rotta sulla programmazione, con la proposta del cammino sinodale «che ci ha costretto a modificare i nostri programmi ma che si è rivelata una grande scoperta e opportunità». Un cammino che ha visto la partecipazione attiva di oltre duemila persone, molti i giovani, «con molti attestati di stima e anche critiche costruttive». Un ascolto da cui sono emersi «desiderio di partecipazione, accoglienza, freschezza, novità, voglia di proseguire e un bisogno di umanità».

La seconda parte della relazione è stata dedicata ai sacerdoti e al loro percorso sinodale. «Sicuramente – ha detto – lo viviamo con una certa difficoltà perché sconvolge l’ordinarietà». Per il presule, tale disagio deriva anche dalla situazione sociale delle comunità e dall’identità del sacerdote in questo contesto.
«L’impatto della situazione sociale è sotto gli occhi di tutti: c’è difficoltà a sentirsi comunità. Si vive nell’individualismo, nel mito della personalizzazione e della soddisfazione immediata. Allo stesso tempo c’è diffidenza verso l’altro e la cultura dei social network porta ad allontanarci ancora di più».
«La comunità e il luogo in cui diventiamo persona – ha detto -, dove gli interessi locali devono essere coniugati con quelli globali e dovrebbe esserci attenzione a che nessuno rimanga indietro. La nostra responsabilità di sacerdoti è prenderci cura di tutti: chiunque entra in contatto con noi»
Il presule ha sottolineato anche un «progressivo disconoscimento della funzione pubblica e relazionale dei sacerdoti», spesso percepiti come operatori sociali.
«Gli uomini ci riconoscono come esperti di umanità: capaci di scoprire cosa c’è dietro a ogni richiesta di aiuto. Dobbiamo imparare un ascolto che non sia pregiudizievole e allo stesso tempo mantenere lo specifico dell’annuncio di Gesù Cristo».
«Viviamo una sofferenza che è una passione, alla quale dobbiamo appassionarci: è la via straordinaria che ci propone l’esortazione Evangelici Gaudium».
Da qui la proposta a cercare nuovi linguaggi e forme di comunicazione: «entrare in contatto» per leggere i segni dei tempi. «Dobbiamo imparare ad abitare dentro la vita delle persone: Gesù era in mezzo alla gente, si faceva toccare e toccava, lo cercavano e lui cercava, andava da coloro che avevano bisogno e li accoglieva».
L’invito è a «uscire dalla canonica e frequentare la strada» perché «la prossimità con le persone fa la differenza». «La qualità dell’ascolto è strettamente legata al nostro legame spirituale con il Signore».
La sfida a una «conversione pastorale» che il presule sollecita ad accettare perché «l’incontro con l’altro è una condizione fruttuosa».
Sottolinea l’importanza di valorizzare la visita alle famiglie «la prima strada da percorrere per riallacciare i rapporti e tessere nuove reti». Si tratta di «un’occasione da vivere per comprendere le fatiche delle famiglie».
L’altro ambito privilegiato è «l’ascolto del grido dei poveri»: essere attenti alle persone e non ai loro bisogni, accoglierli nella comunità per offrire un’esperienza spirituale.
Anche all’interno delle comunità parrocchiali il vescovo augura un cambiamento che porti a «valorizzare i carismi»: ripensare i consigli pastorali «luoghi in cui ci si ascolta e si apprendere come vivere insieme»; «aprire la porte ai movimenti e alle nuove esperienze spirituali» integrandoli nel cammino pastorale; progettare l’accompagnamento delle famiglie fin da quando arrivano a chiedere il battesimo dei bambini; valorizzare i ministeri per «aprirsi a una corresponsabilità ecclesiale per partecipare all’unico sacerdozio battesimale».

Sollecitazioni che andranno ad integrarsi al proseguimento del cammino sinodale con la seconda fase dell’ascolto. Saranno quattro gli ambiti su cui la diocesi promuoverà i «cantieri di lavoro»: quello della strada e del villaggio per l’ascolto del mondo esterno, quello dell’ospitalità e della casa rivolto alle comunità, quello delle diaconie e della formazione spirituale. Vi sarà un quarto ambito, specifico della diocesi, che sarà dedicato all’emergenza educativa e al mondo giovanile.