Intervista al vescovo Luigi Marrucci sulla Visita pastorale. «Parrocchie, comunità testimoni e corresponsabili»

Le considerazioni del Pastore dopo aver incontrato tutte le nove comunità della zona pastorale di Tarquinia

«La vera carità è il “cuore che vede”, è fare spazio a Dio che ci viene incontro nel fratello e nella sorella». Così il vescovo Luigi Marrucci descrive la sua visita pastorale alle parrocchie della Diocesi. Iniziato nel 2013, in concomitanza con la conclusione dell’Anno della Fede, l’incontro del Pastore con le comunità parrocchiali supera “il giro di boa”, dopo essere stato in tutte le parrocchie della zona pastorale di Tarquinia.
 
Qualche giorno fa ha incontrato i sacerdoti per condividere le sue impressioni di questa esperienza. Cosa è emerso?
Ai parroci delle nove Parrocchie che compongono la zona pastorale di Tarquinia ho rivolto, prima di tutto, la mia gratitudine per l’esempio che offrono e per il lavoro ministeriale che svolgono, ricordando loro di aiutare le singole persone ad essere sempre più «comunità corresponsabili, sinodali, che vivono e testimoniano la comunione».
Il lavoro di noi preti è l’eucaristia: per fare comunione, per trasformare le nostre comunità in comunione occorre trasformarle sull’altare.
Vita liturgica e vita di preghiera stanno alla base di una pastorale che vuole incidere nel cuore delle persone, supportate da una continua formazione cristiana che, oggi, per molti è primo annuncio, per tutti approfondimento, catechesi. Molti sono cristiani perché hanno ricevuto il Battesimo, ma di fatto non conoscono Gesù Cristo.
Inoltre da una comunità che prega e vive la comunione scaturiscono le vocazioni alla vita sacerdotale, religiosa e di consacrazione. E di queste persone la nostra Chiesa particolare ne ha bisogno.
 
Un’attenzione particolare, durante le visite, l’ha dedicata ai bambini del catechismo incontrati insieme ai genitori ed i catechisti. Che idea si è fatta?
Il sacerdote è innanzitutto il catechista della comunità; non deleghiamo persone di buona volontà, ma non sempre qualificate, ad annunciare da sole il Vangelo!
Anche i movimenti, le associazioni, i gruppi ecclesiali devono vedere nel Parroco il primo e insostituibile “dispensatore della Parola”, a cui si uniscono tutti gli altri formatori.
La catechesi dei bambini e dei ragazzi, generalmente, è buona ed è impartita da vari catechisti, per i quali in questi ultimi anni si sono incrementati gli incontri di formazione.
È invece quasi totalmente assente l’accompagnamento catechistico dei genitori. Ho sollecitato un impegno maggiore a riguardo, in modo da aiutarli a rileggere il proprio vissuto di fede. Inoltre ho chiesto ai miei sacerdoti di introdurre un anno in più nel cammino catechistico, cosicché da quattro diventino cinque e, dopo la Cresima, li ho invitati a incrementare il percorso di accompagnamento verso la maturità della fede.
 
In ogni parrocchia ha dedicato un giorno all’incontro con i malati nelle loro case o negli istituti di cura. Che spazio ha nelle nostre parrocchie l’incontro con chi soffre? Come viene intesa la carità?
Gli incontri con ammalati, infermi e anziani, portando loro la Santa Comunione, sono stati alcuni dei momenti più belli della visita: mi ricordava gli anni del mio ministero di Parroco e l’incontro con questi fratelli a scadenze regolari.
Non si tratta solo di portare l’Eucaristia: per questo ci si può servire degli accoliti e dei ministri straordinari settimanalmente, in particolare valorizzando il giorno del Signore; è piuttosto un entrare in relazione con loro perché non si sentano isolati e, in alcuni casi abbandonati, dal loro sacerdote.
Lo stare con loro e ascoltarli, anche per pochi minuti, è riempirli di gioia, è convincerli che sono membra di una Chiesa pur sofferente ma che vive l’attesa della Pasqua, di una vita risorta.
Come ama ripetere Papa Francesco: questi fratelli “sono la carne sofferente di Cristo” che ci appartiene, che dobbiamo accogliere per compatire.
Questa è la prima e fondamentale forma di carità che il Parroco è chiamato a vivere, divenendo così un testimone che evangelizza con l’esempio. La distribuzione di qualche mezzo di necessità è conseguenza di uno stile di carità che sacerdote e fedeli vivono nella comunità.
La vera carità è il “cuore che vede”, è fare spazio a Dio che ci viene incontro nel fratello e nella sorella che vivono le varie fragilità.
 
Ha incontrato anche le istituzioni civili: amministrazioni, forze dell’ordine, società civile e volontariato; sono “luoghi” in cui la comunità è presente e i cristiani sono “testimoni”?
L’incontro con gli amministratori locali, le forze dell’ordine, le varie aggregazioni laicali ecclesiali e civili sono un’altra sfaccettatura della visita pastorale.
Ai Sindaci – riuniti in Consiglio Comunale straordinario, a cui va la mia gratitudine – ho consegnato il “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” e li ho invitati a gestire il bene comune nella trasparenza, progettando un futuro senza guardare al successo immediato, consapevoli che i frutti si raccolgono dopo ampia semina e attesa speranzosa.
Le forze dell’ordine, nelle nostre comunità, sono un po’ la visibilità dell’angelo che ci protegge invisibilmente; a loro va la gratitudine della Chiesa per il servizio all’uomo, in particolare durante le manifestazioni religiose.
Ai volontari delle varie associazioni ho ricordato che l’attenzione ai bisogni dei fratelli nasce dall’essere tutti figli di un unico Padre che ci ha rigenerati nel Battesimo. È quello l’evento che ci invita ad impegnarci in autentiche relazioni fraterne: ma a queste ci si forma attraverso l’ascolto della Parola di Dio e all’aiuto reciproco, senza invidie né gelosie, che spesso si annidano, come cancro, nei nostri gruppi.
Per tutti invoco la benedizione del Signore e, abbracciandoli, prometto un’incessante ricordo nella preghiera.