Il digiuno: desiderio di conversione


Siamo giunti a metà del cammino quaresimale. Oggi sbocciano i fiori accanto all’altare, il candore della luce che presto vincerà le tenebre di una notte senza pari, si mescola al viola della penitenza, la Liturgia ci invita alla gioia. Nel percorso di brevi meditazioni sul senso del digiuno quaresimale fermiamo oggi la nostra attenzione sul suo essere segno dell’astensione dal peccato. La Sacra Scrittura sottolinea molte volte questo carattere: nel digiuno l’uomo afferma la volontà di rifiuto del male, il desiderio di liberarsi del suo giogo significato in una rinuncia importante: «È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?» (Is 58, 5-6). La colletta del lunedì della seconda settimana di Quaresima così esprime questo desiderio: «O Dio, che hai ordinato la penitenza del corpo come medicina dell’anima, fa che ci asteniamo da ogni peccato per aver la forza di osservare i comandamenti del tuo amore».