Il 12 gennaio il Vescovo ha ordinato un presbitero e quattro diaconi dei Frati Francescani dell’Immacolata

Il testo integrale dell'omelia

 
Sabato 12 gennaio il vescovo monsignor Luigi Marrucci ha presieduto, presso la Chiesa di San Francesco in Tarquinia, la celebrazione eucaristica di ordinazione di un presbitero e quattro diaconi della comunità religiosa dei Padri Francescani dell’Immacolata.
Per il nuovo sacerdote, Fra Tarcisio M. Pascale, e per i Diaconi Fra Pio M. Idowu, Fra John Paul M. Lauron, Fra Apollinaire M. Amoussou e Fra Mattia M. Sassko la preghiera della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia.
Riportiamo di seguito l’omelia integrale di monsignor Marrucci
 
 
Cari ordinandi, a voi rivolgo il mio saluto affettuoso e paterno, per poi estenderlo all’intera famiglia religiosa dei Padri Francescani dell’Immacolata e ai fedeli laici presenti a questa Celebrazione.
In particolare, grazie ai Padri Stefano e Gabriele, ministro e vicario generale per l’invito rivoltomi a conferire il sacramento dell’Ordine per il diaconato e per il presbiterato ai cinque ordinandi.
Un deferente ossequio a sua eminenza il cardinale Bernard Francis Law, arciprete emerito della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e a sua eccellenza mons. Irynej Bilyk, canonico della stessa Basilica.
 
‘Tu sei la gloria di Gerusalemme,
tu magnifico vanto d’Israele,
tu splendido onore della nostra gente’ (Giud 15,9).
 
Queste parole che la Liturgica applica a Maria Santissima, sono rivolte a Giuditta (il cui nome significa ‘vera figlia d’Israele’) la quale riesce con abilità a sconfiggere l’esercito di Nabucodonosor, comandato dal potente generale Oloferne, e a consegnare la vittoria al popolo ebraico che confida unicamente nel suo Dio.
Giuditta viene considerata dalla Liturgia come tipo della Madre di Cristo.
Come l’eroina salvò il popolo dall’oppressione nemica, così la Vergine Maria, per mezzo della sua fede, rese possibile il supremo intervento salvifico di Dio nella storia dell’umanità, che è l’incarnazione del Verbo di Dio.
 
Il Vangelo di Luca (Lc 2,46-51) ci presenta il ritrovamento di Gesù nel tempio, al termine del pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione della festività pasquale ebraica; in particolare si sottolineano le parole di Gesù in risposta alla richiesta materna che evidenzia un comportamento insolito del Figlio: ‘Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio’?
 
La centralità di Dio è nel cuore del popolo ebraico, a cui Giuditta appartiene, ed è l’unico interesse di Gesù che al tempio rivela la sua missione di essere ‘offerta’ del Padre all’umanità perché questa , a sua volta, diventi ‘sacrificio’ vivente a Dio.
 
Cari amici, è questo il senso del mistero natalizio da poco celebrato e di cui viviamo in questi giorni  il suo epilogo liturgico.
Nel mistero del Natale Gesù si è rivelato ‘dono sacrificale’ del Padre: ‘ Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati’ (1 Gv 4,10).
E’ l’inizio della immolazione che troverà nel mistero della Pasqua la sua piena realizzazione: ‘Cristo, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio’ (Ebr 10,12),  avviando quell’atto unico di riparazione che, i numerosi sacrifici dell’antica legge, non erano stati capaci di compiere. E ha chiesto di fare altrettanto ai suoi discepoli, per essere il culto nuovo instaurato con la sua Risurrezione: ‘questo è il vostro culto spirituale, il sacrificio vivente, santo e gradito a Dio’ (cfr Rm 12,1).
 
Tenendo presente questa Parola di Dio e il Rito di Ordinazione, desidero fermare l’attenzione su tre aspetti della vita del ministro ordinato: li accenno brevemente e li offro all’impegno personale per un cammino di vita interiore.
 
 

La centralità di Dio nella vita delle persone consacrate.

L’Anno della fede, che viviamo in ricordo dell’inizio, cinquant’anni fa, del Concilio Ecumenico Vaticano II e nel ventennale della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ci esorta a ricollocare Dio al centro della nostra vita; non un Dio qualsiasi, a misura umana, come  lo ha pensato e realizzato il popolo eletto lungo la via verso la Terra Promessa (cfr Es 32), ma il Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo.
La vera antropologia o nuovo umanesimo, di cui il Concilio è portatore e difensore, non esclude o pone in secondo ordine Dio, e nemmeno ce lo presenta a immagine e somiglianza umana.
L’immagine di Dio prevalente e più diffusa, almeno in Europa e nell’Italia, è ancora quella cristiana, sebbene troppo spesso molto impoverita e anche in parte falsata. Il Santo Padre  Benedetto XVI ha tutte le ragioni per insistere che la vera priorità di oggi è rendere di nuovo presente in questo mondo il Dio di Gesù Cristo.
Sulla via della ricerca di Dio il vero, possibile rischio è fare del nostro ‘io’ e delle sue ambizioni l’idolo cui sacrificare ogni cosa. Questa tentazione può presentarsi nelle forme più diverse, ma la molla che vi agisce è sempre la stessa: l’orgoglio.
Di fronte al mistero di Dio occorre invece chinare l’intelligenza, la volontà, il cuore: è nell’umiltà che si incontra Dio. E’ nel ‘rimpicciolimento di sé’ che si scopre la grandezza infinita che ci sovrasta, che è il Trascendente, l’Infinito, il Sommo, l’Eterno, il Padre Creatore e Provvidente, l’Amore e la Misericordia senza misura.
A questi attributi di Dio, a cui la teologia fa riferimento e che il Figlio di Dio fatto carne ci ha svelato, siamo invitati ad aderire con cuore indiviso per metterci a completo servizio di Dio e degli uomini.
 

L’esistenza umana del ministro ordinato è ‘dono sacrificale’.

Nella esortazione apostolica post-sinodale ‘Pastores dabo vobis’ (25 marzo 1992 n° 15), il beato Pontefice Giovanni Paolo II disegnava così l’identità del ministro ordinato:
‘I presbiteri sono nella Chiesa e per la Chiesa una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo, Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la Parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta di salvezza (cfr Mt 10) soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l’Eucaristia, ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge (cfr Gv 10) che raccolgono nell’unità e conducono al Padre per mezzo di Gesù nello Spirito’.
Vale per ogni ministro ordinato, diacono, presbitero e vescovo: la chiamata a seguire il Maestro è un appello a conformare a Cristo – offerta al Padre – tutta l’esistenza umana.
C’è però il limite della libertà a cui uno deve riferirsi. E la nostra libertà è anche il rischio di Dio.
Due forze si incrociano, si contrastano e si avversano: la forza insita nella disobbedienza dell’incredulità e la forza insita nell’obbedienza della fede: così è di ogni discepolo del Signore.
Anche la Vergine Immacolata, di fronte all’Angelo che le annunciava la chiamata alla maternità divina, ha provato la stessa lotta interiore, finché, abbandonata totalmente al progetto di Dio che intravedeva, ha pronunciato il suo ‘eccomi’ di offerta sacrificale.
 

Il ministero ordinato è ‘eucaristia-rendimento di grazie’.

‘Il nesso intrinseco fra Eucaristia e Sacramento dell’Ordine, ci ricorda l’esortazione apostolica post-sinodale ‘Sacramentum Caritatis’ (22 febbraio 2007 nn° 23-24) risulta dalle parole stesse di Gesù al Cenacolo: ‘Fate questo in memoria di me’ (Lc 22,19). Gesù è sacerdote, vittima ed altare: mediatore tra Dio ed il popolo (cfr Eb 5,5-10), vittima di espiazione (cfr 1 Gv 2,2; 4,10) che offre se stessa sull’altare della croce’.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica così si esprime: ‘Nel servizio ecclesiale del ministro ordinato, è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore’ (CCC 1548).
Certamente il ministro ordinato ‘agisce anche a nome di tutta la Chiesa allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa e soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico’ (CCC 1552).
E’ necessario pertanto che i ministri ordinati abbiano coscienza che tutto il loro ministero non deve mai mettere in primo piano loro stessi o le loro opinioni, ma Gesù Cristo.
Contraddice l’identità del ministro ogni tentativo di porre se stesso come protagonista dell’azione liturgica; il ministro è invece un servo docile, che si impegna ad essere segno di Cristo. Con la sua piena configurazione a Cristo, diviene rendimento di grazie.
E’ benedizione di Dio e benedizione a Dio, anche con un’esistenza vissuta nel dono della verginità consacrata e del celibato sacerdotale.
Questa scelta, cari amici, è scelta sponsale; è immedesimazione a Cristo Sposo a cui tutto è stato donato con gioia e in modo irrevocabile.
Il celibato sacerdotale, vissuto con maturità, letizia e dedizione è una grandissima benedizione per la persona che lo vive, per la Chiesa, per la società.
Ed è rendimento di grazie a Dio, sacrificio che unisce la persona consacrata nel sacerdozio e nella vita religiosa al dono salvifico di Gesù Cristo.
 
Cari amici, ordinandi e francescani dell’Immacolata, la vostra consacrazione a Maria, vissuta in  una vita semplice e diamantina, vi fa essere riflesso della sua bellezza verginale in mezzo all’umanità! Così vi ammirano, vi stimano e vi amano le persone che entrano in relazione con voi! Siate felici della vostra donazione a Gesù Cristo, a Maria Immacolata, alla Chiesa, all’umanità.
E permettetemi di implorare per voi dal Signore ciò che preghiamo con le parole del prefazio di questo formulario eucologico: dona, o Dio, a questi tuoi figli ciò che hai elargito a Maria, tua Madre e Figlia: ‘un cuore sapiente e docile, nuovo e mite, semplice e puro, forte e vigilante’ perché siano in mezzo ai fratelli il segno della tua presenza e della tua benedizione.
Così sia!