I «figli» di Don Bosco a Civitavecchia

La storia della famiglia salesiana in diocesi in una mostra realizzata in occasione del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco

In occasione del bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani, non si può dimenticare l’avvio storico della famiglia dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori a Civitavecchia.
Va ricordato innanzitutto che Don Bosco fu a Civitavecchia nel 1858, nel primo dei 20 viaggi che fece a Roma. Nel 1858 lo fece per l’approvazione della Società di S. Francesco di Sales. Da Genova a Civitavecchia sulla nave a vapore Aventino, con il suo discepolo e successore, beato don Michele Rua, affrontò un viaggio avventuroso Fu a Civitavecchia la domenica 21 febbraio e per lo strapazzo del viaggio non riuscì a celebrare, ma partecipò alla Messa nella chiesa matrice dei Domenicani: «Ammirò il contegno di quelli che intervenivano e grandemente lo soddisfece il canto che ivi era eseguito. Le intonazioni erano regolari, le voci chiare d’accordo e sonore: l’insieme poi unito ad una musica semplice formava una tale armonia, che appagava la divozione».
Dal 1858 alla morte, avvenuta il 31 gennaio 1888, ci saranno alcuni legami con la città e la diocesi. Le sue Letture Cattoliche parleranno anche dei primordi della nostra chiesa, descrivendo le gesta di Cornelio, pontefice morto a Civitavecchia nel 253. Verrà in contatto con un figlio della diocesi di Civitavecchia, il cardinale Teodolfo Mertel, nato ad Allumiere nel 1806 e ivi morto nel 1899, porporato stimato da Pio IX e da Leone XIII. Sarà uno dei suoi protettori, aiuto di don Bosco e dei suoi figli nelle fondazioni missionarie salesiane e nell’erezione del tempio al Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio in Roma, monumento in onore del comune amico e padre, Pio IX. La prima nota storica biografica del Mertel, sarà redatta proprio da don Bosco mentre il porporato era ancora in vita, nel 1878. Alla scuola del Mertel, si formerà il card. Pietro Gasparri, artefice della Conciliazione, segretario del porporato e poi, dopo il Rampolla, protettore della Congregazione Salesiana fino all’anno della canonizzazione dell’apostolo dei giovani, 1 aprile 1934. Dal cardinale aveva certamente compreso la grandezza della missione di don Bosco .
A Civitavecchia, vide con soddisfazione giungere, pochi anni prima della sua morte le Suore della Carità di san Vincenzo De Paoli, volute in diocesi per l’ospedale cittadino delle Donne e fondate della serva di Dio Madre Maria Luigia Angelica Clarac, da lui- e da Pio IX consigliata, sostenuta,annessa personalmente tra i Cooperatori Salesiani. Saranno il primo vescovo e cardinale salesiano, Giovanni Cagliero e don Paolo Albera, successore del santo, a continuare per le suore della Clarac la guida illuminata di don Bosco. La Clarac visse per qualche tempo a Civitavecchia.
A volere i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice a Civitavecchia furono soprattutto i vescovi della diocesi: Angelo Rossi, Pacifico Fiorani, Luca Piergiovanni, Emilio Maria Cottafavi ; ne sono stati sostenitori tutti loro successori, fino ad oggi. La Famiglia Salesiana voluta a Civitavecchia dalla Chiesa ha camminato sempre con la Chiesa e con i suoi Pastori, fedele a don Bosco.
Quattro anni dopo la morte del santo, nel 1892, il vescovo monsignor Angelo Rossi, nativo di Montefiascone, si rivolgeva a don Michele Rua, successore di don Bosco, per avere i Salesiani. Iniziarono le trattative. Con lui venne subito in accordo e prestò la sua benemerenza una donna eccezionale, animata di vero amore per l’educazione dei giovani: Sofia de Filippi, civitavecchiese, sposa di Crispino Mariani di Tarquinia. Nel 1891 la De Filippi aveva beneficato l’opera delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Roma (via Magenta e via Marghera). Aveva una figlia che dopo l’esperienza passionista a Tarquinia era ormai professa delle suore di don Bosco, suor Margherita, nata a Tarquinia nel 1858 . Sarà la prima vocazione salesiana della diocesi ed edificherà con il suo ardore per tanti anni le opere di Civitavecchia e dopo di lei,sempre da Tarquinia, verrà la prima vocazione tra i Salesiani: don Giuseppe Dini, (1881-1976), apostolo del Salvador e del Guatemala. Grazie a donna Sofia, il vescovo acquistò la casa annessa alla chiesa di san Nicola – già residenza dei padri Dottrinari – a piazza Leandra in Civitavecchia .Voleva un’opera per la gioventù maschile. Le suore del Preziosissimo Sangue operavano mirabilmente per la gioventù femminile nel Conservatorio dietro la chiesa di san Francesco (Cattedrale). Purtroppo i Salesiani, che vedevano di buon occhio Civitavecchia – futuro ponte anche per la Sardegna – rifiutarono la fondazione. Questo fu il motivo determinante: a piazza Leandra non vi era un cortile per le adunanze e ricreazioni giovanili. Il vescovo non si perse d’animo e invitò i Dottrinari, vecchi inquilini; arrivarono però gli Stimmatini per soli due anni, con il santo padre Luigi Fantozzi; poi furono interpellati i Gesuiti, i padri Bigi del padre Ludovico Casoria. Ma a rispondere furono solo le Figlie di Maria Ausiliatrice che giungeranno a Civitavecchia il 27 ottobre 1898. Le suore iniziarono subito la scuola materna, la scuola elementare, l’oratorio festivo, la catechesi parrocchiale a santa Maria e il laboratorio di ricamo e di cucito per le ragazze povere. Fin dall’inizio l’opera – dedicata a santa Sofia, in onore della benefattrice – fu molto apprezzata dal Vescovo e dalle Superiore e prese tanto sviluppo, per cui con il passare degli anni gli ambienti si resero sempre più insufficienti. Piazza Leandra sarà comunque casa religiosa fino al 1929.
Successivamente nel 1912, dietro desiderio del Vicariato di Roma, che voleva anche a Civitavecchia dare una sede locale alla Associazione Cattolica internazionale per la Protezione della giovane, si aprì una seconda casa delle suore nella villa Lazzaroni, nell’allora Via Bramante, casa che dopo alterne vicende della famiglia Lazzaroni fu acquistata da Emanuele Filiberto Siri. Le suore all’epoca erano in affitto. L’opera svolgeva la sua attività dove la città andava sviluppandosi e dove il vescovo monsignor Pacifico Fiorani stava fondando, con lungimiranza pastorale, la parrocchia della Sacra Famiglia. «All’opera del Patronato si aggiunsero il Laboratorio, l’Oratorio festivo, la catechesi parrocchiale e una sala di lettura per le oratoriane, e anche qui le attività presero tutte un grande sviluppo».
Questa seconda casa, dedicata sempre a santa Sofia, sita nell’attuale via san Giovanni Bosco, ovvero Villa Lazzaroni-Siri, sarà abbandonata temporaneamente fino al 1929 e, pur conservando piazza Leandra, le suore per il patronato e per le attività si sposteranno a piazza Fratti, al Ghetto. Finalmente nel 1930, le Salesiane acquistarono definitivamente la villa Lazzaroni-Siri e le due comunità di Piazza Leandra e di Piazza Fratti si unirono e vi si stabilirono fino ai giorni nostri.
Ma i vescovi della diocesi desideravano insistentemente la presenza dei Salesiani. A dare impulso alla fondazione fu il vescovo monsignor Luca Piergiovanni, che acquistò il terreno adiacente la costruzione, rimasta incompleta, della chiesa dei Gesuiti, sopra la ferrovia, dove il vescovo Fiorani aveva fondato la parrocchia della Sacra Famiglia, vicino al popolare quartiere della Nona, al palazzo dei Ferrovieri, ai Villini Alba, nei pressi dell’edificio scolastico di via Buonarroti e a sempre nuove abitazioni che vi si stavano costruendo.
Il vescovo Piergiovanni non vide avverarsi questo sogno. Lo vedrà il suo successore monsignor Emilio Maria Cottafavi che aprì la campagna pro–Salesiani con la celebre lettera pastorale “Salviamo la Gioventù!” e coagulando centinaia di benefattori attorno ai Figli di don Bosco, con lo stesso entusiasmo con cui aveva seguito le terribili vicende dei terremoti del meridione nel 1909, per volontà di Pio X, accanto al santo don Luigi Orione. Con lui si completò la costruzione della chiesa – dedicata a Maria Ausiliatrice – e della casa per i confratelli e la parrocchia della Sacra Famiglia fu affidata ai Salesiani. Essi giunsero il sabato 17 novembre 1928 .La comunità era formata da un piemontese, don Giuseppe Vanella direttore e parroco, un veneto, don Cesare Ceccotto coadiutore, e un romano incaricato dell’oratorio, il chierico don Aldo Maria Conti. Dopo qualche tempo arrivò il chierico Felice Pennelli,musico.
L’opera dei Salesiani fu subito circondata da una schiera di cooperatori “senza tessera”, ma innamorati dei figli di don Bosco. Presto nascerà la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani e fiorirà l’Unione Ex Allievi ed Ex Allieve di don Bosco. La parrocchia diventa sempre più una vera grande famiglia di famiglie guidata dal Direttore-Parroco, dai Salesiani, dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, dalla febbrile attività dei direttori dell’Oratorio, affiancati da valenti chierici, giovani per i giovani. Nel 1929 si tenne la prima processione di Maria Ausiliatrice, con quell’immagine che aveva preceduto i Salesiani al loro arrivo. Dall’impegno dei Salesiani nascerà nella città la cura pastorale nella zona del Pozzolano, dedicata al sacro Cuore e benedetta nel 1931 dal vescovo salesiano, il servo di Dio, Luigi Olivares. Come dai Salesiani nasce la cura pastorale della zona dell’Oliveto fino all’erezione della nuova chiesa di san Francesco di Paola. Un’opera straordinaria fu svolta durante la seconda guerra mondiale, dopo il bombardamento del 14 maggio 1943, con il centro pastorale e di assistenza fondato dai Salesiani nella zona della Cisterna, benedetto da monsignor Luigi Drago, rifugio per gli abitanti della città martoriata. Furono i Salesiani a non abbandonare la città, ad aggregare i superstiti e a tenere il collegamento con i numerosi sfollati. Le suore salesiane fondarono nel 1945 un orfanatrofio, dedicato a san Domenico Savio.
L’opera fu sempre in continuo sviluppo: la costruzione del teatro di don Vanella sopra la chiesa sostituito poi dal Salone Cappella o Teatro; l’edificazione dei locali dell’oratorio, l’ampliamento della chiesa e della casa dei confratelli. Così pure l’Istituto Santa Sofia è stato trasformato secondo le esigenze pastorali e scolastiche dal 1930 fino ai giorni nostri.
Non è possibile elencare tutte le attività svolte nelle fondazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e la loro opera educativa, la meravigliosa storia dei due oratori con le decine e decine di vocazioni che ne sono sbocciate, la nascita di gruppi e aggregazioni ecclesiali, le espressioni teatrali e musicali, sportive e ricreative; le iniziative culturali, il sostegno alla vita pastorale diocesana, la pastorale scolastica; tutto nel nome e sotto la sguardo di Maria Ausiliatrice.
Ci siamo fermati a rapidi cenni sulle origini. Ho citato volutamente pochi nomi…Ma essi sono in benedizione soprattutto nel cuore di migliaia di parrocchiani, ex allievi ed ex allieve che hanno assaporato il cuore di don Bosco, trasmesso dall’opera pastorale dei suoi figli e delle sue figlie.
Che cosa sarebbe stata Civitavecchia senza la famiglia di don Bosco ?
A Civitavecchia c’è via dei padri Domenicani, il largo dei padri Cappuccini… a quando la dedica di una via o di una piazza ai Figli e alle Figlie di don Bosco?
 
don Augusto Baldini,
parroco, ex allievo salesiano