«Ogni musicista che vuole eseguire e ogni fedele che desidera consapevolmente partecipare alla Messa, deve fare in modo che ogni gesto e ogni espressione siano degnamente e intimamente collegati all’azione liturgica. In questo contesto meritano particolare attenzione il canto e la musica perché sono espressioni sublimi per la partecipazione all’atto liturgico di tutta l’assemblea». Così monsignor Giuseppe Liberto, direttore emerito della Cappella Musicale Pontificia “Sistina“, ha introdotto i lavori del secondo convegno diocesano per gli operatori pastorali della liturgia.
“Il canto nella celebrazione eucaristica” è stato il tema della manifestazione che, lo scorso 21 novembre, ha riunito presso la Cattedrale di Civitavecchia un centinaio di partecipanti tra direttori e componenti delle tredici corali presenti in diocesi, dei cori parrocchiali, gli organisti e i chitarristi, i lettori e gli accoliti istituiti e di fatto, i ministri straordinari della comunione, le religiose che si occupano del servizio e dell’animazione liturgica.
Nell’incontro, il primo di un ciclo di tre seminari curati da monsignor Liberto, sono state approfondite alcune delle “costanti e varianti” del canto nella celebrazione eucaristica: le tre processioni con canti di ingresso, presentazione dei doni-offertorio, comunione; e le tre litanie: Kyrie, oratio fidelium, Agnus Dei.
Per il direttore emerito della Sistina «la riforma liturgica del Concilio ha voluto evidenziare in maniera incisiva il valore dell’assemblea, mettendo in risalto i vari ruoli ministeriali – diacono, salmista, coro, organista – e la funzione propria dei vari gesti: proclamare, invocare, acclamare, cantare».
Illustrando quanto è stabilito nei Principi e Norme del Messale Romano e nell’Ordinamento Generale delle Letture della Messa, il maestro evidenzia come «tali testi istruiscono che ogni elemento della celebrazione costituisce un’azione originale e un momento specifico in ragione della sua natura, della sua funzione e della sua forma». Da ciò deriva che anche ogni canto «debba avere la sua fisionomia e la sua forma musicale e ogni testo deve assumere la forma dal contesto in cui viene eseguito».
Il relatore, prima di affrontare gli aspetti dei canti della Messa Ordinari e Propri, ha sottolineato come «ogni canto che il rito non chiama è un errore».