Come Zaccheo, saliamo sul sicomoro per incontrare Gesù

L'omelia del vescovo Luigi alla celebrazione eucaristica per la conclusione dell'Anno della Fede e l'inizio della Visita Pastorale alla Diocesi. Tarquinia, 24 novembre 2013

 
‘Acclamate, servite il Signore’riconoscete che solo il Signore è Dio.
Varcate le sue porte con inni di grazie’lodatelo, benedite il suo nome’
il suo amore è per sempre’ (Sal 100).
 
Cari amici, queste espressioni del Salmo guidano la Celebrazione Eucaristica di questa sera con la quale si chiude, in senso cronologico, l’Anno della Fede per iniziare una testimonianza di fede in mezzo alla comunità con la Visita Pastorale a cui do inizio.
L’Anno della Fede tuttavia rimane come Anno di Grazia: l’Anno proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazaret: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di me’mi ha mandato a proclamare l’anno di grazia del Signore’ (Lc 4,18-19).
 
L’Anno di Grazia è accoglienza di Gesù, Figlio di Dio, Salvatore, che nel tempo della Chiesa continua la sua azione di salvezza e di redenzione per tutti gli uomini, feriti nel corpo e nello spirito. Nonostante i tanti limiti, le debolezze, i disagi e le fragilità, siamo qui a rinnovare la nostra adesione a Lui, confortati dalle sue parole a Paolo: ‘Ti basta la mia grazia’.  E l’apostolo aggiunge rivolgendosi ai cristiani di Corinto: ‘La forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo’ (2 Cor 12,9).
 
Nella Sacra Scrittura, la fede non è mai credere ad una verità astratta né un atteggiamento di conoscenza puramente intellettuale nei confronti di Dio. Credere è realtà che lega l’uomo a Dio nel rapporto di alleanza, di conoscenza attiva e penetrante.
‘Nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita’: così l’enciclica ‘Lumen Fidei’ di papa Francesco (29 giugno 2013). La fede è un atteggiamento vitale che coinvolge l’intera persona, nella sua unità: è aderire con tutto sé stessi a Dio che ci ha amato per primo. E’ sentirci sicuri come bimbi in braccio alla mamma (cfr Sal 131,2), è essere stretti al seno della madre per essere nutriti, accarezzati e consolati, secondo l’espressione del profeta Isaia (cfr Is 66,12-13).
 
La fede è un dono che trova in Dio stesso la sua origine e la sua fonte. E’ Dio che semina nel cuore dell’uomo il germe della fede nel giorno del battesimo. Ma è Dio stesso l’oggetto del nostro credere; è l’atto supremo di fiducia che l’uomo ripone in Colui che è trascendente, infinito, sommo Amore.
Della fede non si è padroni e non la si può imporre: si può solo accoglierla con gratitudine  e nutrirla con la preghiera.
E la fede non è una realtà scontata; non è stata nemmeno per i dodici apostoli. Più volte il testo evangelico fa loro ripetere: ‘Signore, accresci in noi la fede’ (cfr Lc 17,5). La fede è sempre ‘poca’ e il vero discepolo è colui che si definisce ‘uomo di poca fede’, ovvero incapace di quella relazione di abbandono pieno e fiducioso, gratuito e convinto, umile e perseverante; in una parola di quell’amore che è alla base della potenza della fede.  
 
La fede è dono, ma anche conquista perseverante.
 ‘Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. E dobbiamo anche ricordare sempre che Gesù non ha redento il mondo con belle parole o mezzi vistosi, ma con la sua sofferenza e la sua morte. La legge del chicco di grano che muore nella terra vale anche oggi; non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita: ‘Chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà’, ci dice il Signore (Mc 8,35). ‘Essere evangelizzatori non è un privilegio, ma un impegno che proviene dalla fede. Alla domanda che il Signore rivolge ai cristiani: ‘Chi manderò e chi andrà per me’?, rispondete con lo stesso coraggio e la stessa fiducia del Profeta: ‘ecco, Signore, manda me’ (Is 6,8).
 Così il papa emerito Benedetto XVI ai membri del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (15 ottobre 2011).
 
Il 25 maggio scorso è stato inscritto nell’albo dei beati il sacerdote don Pino Puglisi. Fu ucciso dalla mafia perché, facendo il prete, viveva il vangelo e seminava speranza.
‘Nei 33 anni della sua vita sacerdotale fu chicco di grano perché ogni giorno accolse di morire poco alla volta nel quotidiano spendersi al servizio dei fratelli, donandosi senza riserve per Cristo a tempo pieno, come era solito ribadire’ affermò l’arcivescovo di Palermo nell’Omelia della Messa di beatificazione.
Aveva vissuto appieno il mandato del Signore, frutto di una fede profonda, fino ad essere  testimonianza suprema con il martirio.
 
            La Visita Pastorale, cari amici, vuole essere innanzitutto una testimonianza di fede del vescovo, del presbiterio diocesano e delle comunità parrocchiali per narrare a tutti la presenza di un Dio che è Amore e Comunione.
‘La fede ha una forma necessariamente ecclesiale, si confessa dall’interno del corpo di Cristo, come comunione concreta dei credenti’ (LF 22).
Vengono così rinsaldati i vincoli di fraternità tra vescovo e presbiterio e, insieme, con i fedeli laici, per poi condividere quelli di filiazione con il Padre della vita.
 
            Penso che in questo momento storico, particolarmente segnato dall’individualismo, da un amore minuscolo che diviene idolo, da una logica di scarto di tutto ciò che entra nella sfera della trascendenza, presentarci ai non credenti e agli agnostici come Chiesa che ‘persevera nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere’
(At 2,42) possa essere annuncio di nuova evangelizzazione, di cui tanto si sente l’urgenza.
L’annuncio rinnovato del Vangelo sta nel modo di essere e di vivere il messaggio di Gesù e di renderlo trasparente a tutti.
Comunicare il Vangelo non è vendere un prodotto, ma aiutare i fratelli a fare un’esperienza di vita, ad incontrare Gesù.
 
Nella nostra vita di preti e di cristiani, molte volte sembra che ci sia tutto e che tutto sia pronto per accogliere il Signore: abbiamo le lampade, belle e lucenti, sappiamo anche collocarle nei punti più significativi, ma dimentichiamo dell’olio per tenerle accese (cfr Mt 25,1-13). L’olio di cui c’è bisogno è la cura della nostra vita spirituale, della nostra spiritualità, della nostra interiorità. Talvolta nelle nostre esistenze di cristiani, nelle nostre comunità parrocchiali, nella nostra diocesi, nel nostro presbiterio, nei vari gruppi ecclesiali accade proprio questo: abbiamo tutto, lampade stupende, poste nel posto più bello, ma ci manca l’olio della spiritualità e della fede.
Questa consapevolezza, se da un lato ci rattrista, dall’altro ci pone di fronte ad un serio rinnovamento spirituale per la nostra esistenza, poiché pone in essere una scrupolosa riflessione sulla dimensione spirituale della nostra vita, su ciò che siamo, viviamo e operiamo.
E la Visita Pastorale vuole aiutare a questo. 
 
            Alcune domeniche fa, nella celebrazione eucaristica, è stato proclamato il Vangelo che racconta l’incontro di Gesù con Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Per vedere  Gesù, l’uomo, piccolo di statura, era salito sull’albero: immagine di ciò che siamo chiamati a realizzare nella nostra esistenza spirituale. Il resto, come per Zaccheo, lo farà il Signore: venendo a noi, nella dimora interiore.     Ma occorre salire.
Non diciamo come lo scrittore Eugenio Montale, premio Nobel e senatore della Repubblica:   
‘Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro per vedere Gesù, se mai passi. Ahimè, io non sono un rampicante, non sono salito, non l’ho visto’.
Sarebbe per tutti noi credenti il fallimento della nostra esistenza!
 
            Con questi intenti – di ascolto, di condivisione, di ricerca – vengo nelle vostre comunità, per  benedire il Signore, per condividere il cammino spirituale e materiale della comunità, soprattutto per testimoniare Gesù Cristo e rinvigorire la fede in Lui. Da questa adesione incondizionata al Signore nasce la speranza, sempre bisognosa di essere alimentata, e il nostro credere si fa concreto e  operoso nella carità fraterna.
 
            Insieme a Gesù Cristo, re dell’universo, unico nostro riferimento, ci accompagni e interceda per la nostra Chiesa diocesana Maria Santissima, Regina del cielo e della terra.
Ella, donna straordinaria per la sua fede, è discepola che compendia nella sua vita le verità della fede (cfr LG 65), è madre che sostiene e protegge la fede dei figli. Sia Lei la difesa nel cammino della fede e il sostegno nella nostra testimonianza di fede.
Così sia!
 
La galleria fotografica della celebrazione (Foto: ANTONIO DOLGETTA)