La frazione del pane

Seconda lettera sull'Eucarestia per l'Anno Eucaristico diocesano

Ai miei fratelli
nel sacerdozio ministeriale e battesimale
della Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia
(La versione integrale in pdf) 

Cari amici,
all’inizio dell’Anno Eucaristico diocesano, nel giugno scorso, ho indirizzato alla comunità cristiana della nostra Chiesa particolare la lettera “Cinque pani e due pesci” con la quale ho voluto offrire alcune riflessioni circa il mistero dell’Eucaristia e fornire delle indicazioni per vivere bene questo tempo.
In questo secondo scritto desidero riflettere con voi sulla centralità della vita della Chiesa che è la Celebrazione Eucaristica.
“La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa, infatti, si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio nello Spirito Santo” (OGMR 16).
E la costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudiun et Spes ( = la Chiesa in dialogo con il mondo contemporaneo) aggiunge: “il Signore ha lasciato ai suoi un pegno di speranza e un viatico per il cammino nel sacramento della fede in cui, elementi naturali, coltivati dall uomo, vengono trasformati ( = transustanziati) nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo” (GS 38).
Il Concilio parla dell’Eucaristia come “fonte e apice di tutta la vita cristiana” (LG 11) della cui forza “la Chiesa continuamente vive e cresce” (LG 26) e del viatico necessario a sostenere il cammino di fede dei fedeli fino all’incontro con il Signore Gesù, infondendo nei loro cuori la speranza e la fiducia necessarie per non venir meno nei momenti più difficili.
Tale insegnamento trova fondamento nel racconto evangelico della moltiplicazione dei pani, di cui ho parlato diffusamente nella prima lettera sull’Eucaristia, prefigurando i gesti propri dell’ultima cena e della celebrazione eucaristica. Il Maestro nutre una folla immensa in un luogo in cui non c’è nulla e coinvolge i suoi discepoli in questo sublime gesto di carità, anticipando così la missione della Chiesa nel mondo.
Missione di moltiplicare il pane della Parola di Dio, il Corpo immolato e il Sangue versato del Figlio di Dio, nuova ed eterna alleanza del Padre con il suo popolo e così condividere, con tutta l’umanità di ogni epoca, cultura e continente il dono dell’Amore, che non verrà mai meno per coloro che sono e vivono come “figli nel Figlio”(cfr Rm 8,1-17).

La lettera continua con tre paragrafi: la teologia, la spiegazione dei diversi momenti, la spiritualità con alcune indicazioni pastorali. Un approfondimento che, come spiega monsignor Marrucci, avviene alla vigilia della pubblicazione in italiano della quarta edizione del Messale Romano, approvato dai Vescovi italiani nella riunione del 14 novembre 2018 e confermato da Papa Francesco.
 
La teologia
«La risurrezione di Gesù è il fondamento della Celebrazione Eucaristica; mentre attualizziamo nel segno sacramentale la sua Passione e Morte, proclamiamo il giorno natalizio della Chiesa». «Questa esperienza, fatta da coloro che erano stati più vicini a Gesù, è la stessa esperienza di quelli che, come noi, lontani nel tempo e nello spazio da quell’evento, non l’hanno mai incontrato, ma credono che nel “cenacolo” della Chiesa il Signore è vivo e presente».
Il presule spiega in seguito che «la morte e la risurrezione di Gesù è chiamata dai primi cristiani “Pasqua”», intendendo con questo termine diversi significati, in modo particolare quello di memoriale: un fatto del passato che nella celebrazione si rende nuovamente presente, attuale, riproducendo tutta la sua forza salvifica. «Così l’evento della Pasqua di Gesù raggiunge ogni uomo attraverso i sacramenti. E gli elementi materiali – pane, vino, imposizione delle mani – diventano gli strumenti attraverso i quali Dio comunica la sua vita agli uomini».
 
La celebrazione
«La Celebrazione Eucaristica – scrive – si presenta come un grande dittico con tre cornici: i due quadri sono le liturgie della Parola e dell’Eucaristia, circondate da una triplice cornice che sono i riti: ingresso, presentazione dei doni e comunione». Proprio questi cinque elementi vengono messi a fuoco dal presule.
Le liturgie sono più di un ascolto contemplativo: «la Parola di Dio, proclamata dai ministri e la Preghiera che il sacerdote eleva a nome dell’intera assemblea, fanno sì che il Verbo di Dio trovi ancora la sua incarnazione nei segni del pane e del vino, viatico per la Chiesa pellegrina nel tempo».
Nei tre Riti, spiega, «è più importante quello che si compie, cioè i gesti anziché le parole che si pronunciano. Ciascuno di questi momenti è caratterizzato da una processione, a cui non prendono parte le stesse persone, ma coloro che in quel momento svolgono il ministero. E queste tre processioni sono accompagnate da un canto e si concludono con le tre orazioni che il sacerdote presidente pronuncia a nome dell’intera assemblea».
 
La spiritualità e le indicazioni pastorali
«In ogni Eucaristia – scrive monsignor Marrucci -, celebriamo il mistero pasquale, anzi tutta l’opera della nostra salvezza, dalla creazione alla fine del mondo, con al centro la morte e la risurrezione di Gesù. Il rito che noi celebriamo è sacramento che forma la Chiesa, la fa esistere come “corpo visibile di Cristo”; e scopo della celebrazione è che tutti i fedeli diventino uno in Cristo e formino un’unica comunità ecclesiale».
La celebrazione eucaristica quindi è «il sacramento del sacrificio di Cristo, ma è anche il sacramento della Chiesa: il sacramento si esprime con un rito ma richiede l’intelligenza della fede, senza la quale l’azione liturgica manca di autenticità».
Nelle parole di Gesù “fate questo in mia memoria” (Lc 22,19) non c’è solo il comando a ripetere un rito di Gesù ma «l’esempio di fare come lui ha fatto, offrendo la vita a Dio per i fratelli».

  • Il rito della celebrazione eucaristica, come viene proposto dall’attuale Messale Romano, èun “progetto” che va costruito insieme: sacerdote, ministri vari (accoliti, lettori, salmista, maestro del coro e quanti svolgano un ruolo nella celebrazione) e assemblea. Va quindi preparato perché porti i suoi frutti. E il ruolo principale è certamente quello del sacerdote presidente, a cui compete preparare e coordinare i vari attori della celebrazione.
  • Prima di tutto la “lectio divina” sulle letture domenicali in modo da coglierne il messaggio, alla cui luce scegliere i canti, eventualmente comporre le monizioni presidenziali, preparare le intenzioni della preghiera dei fedeli, aggiungendo quelle che riguardano la comunità parrocchiale.
  • E’ importante anche curare l’accoglienza di quanti arrivano alla chiesa per partecipare all’Eucaristia, facendoli sentire accolti e a casa propria; come è pure opportuno vivere, al termine della celebrazione, un momento di fraternità, possibilmente davanti alla chiesa. La parola “parrocchia” significa “casa vicina alle case” ed è una “famiglia” formata da “molte famiglie”: per questo è importante incontrarsi e conoscersi per poi camminare insieme.
  • Lo spazio celebrativo deve essere adornato con gusto, “non sfarzo, ma nobile semplicità”dice il Concilio (SC 34); l’edificio di culto sia pulito e in ordine, le tovaglie siano bianche, ambone e altare debitamente ornati, microfoni che funzionino e i cui fili non intralcino. Anche le “vesti e gli ornamenti sacri risplendano di bellezza senza sontuosità” (SC 124).
  • Curare il canto: il canto è gioia, crea festa, indica familiarità. Lasciare ordinariamente che canti l’assemblea e incaricare, nella scelta e nell’intonazione dei canti, quando non è presente il coro, una persona che sia intonata e che sappia cantare. E i canti, per quanto è possibile, siano in sintonia con la Parola di Dio proclamata o con il tempo liturgico oppure con il momento celebrativo (un canto d’ingresso non è adatto alla comunione… ).
  • Il rito processionale della presentazione dei doni, se programmato, si compia con calma, muovendosi dal proprio posto per andare a prelevare i doni, solo quando è terminata la preghiera dei fedeli e si portino all’altare i doni eucaristici e quanto serve alle necessità dei poveri.
  • La Celebrazione Eucaristia non può essere ridotta ad un “rito ingessato” e la Parola di Dio non è un potere in mano al presbitero che crede di essere padrone della fede e delle coscienze di quanti gli sono affidati. L’Eucaristia va vissuta come eulogia ( = preghiera) per le grandi meraviglie che Dio ha compiuto per la felicità dei suoi figli e la partecipazione all’Eucaristia domenicale non è mai funzionale alla soddisfazione del precetto festivo, ma incontro con una Persona, il Signore della vita. 

CONCLUSIONE
“Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono
strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua” afferma il decreto conciliare sul ministero e la vita sacerdotale  (PO 5).
L’Eucaristia si colloca nel cuore dell’Iniziazione Cristiana, insieme al Battesimo e alla Confermazione, e costituisce la sorgente della vita stessa della Chiesa. Da questo sacramento di Amore scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza.
La fede della Chiesa tuttavia precede la fede del credente, che è invitato ad aderirvi. Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli Apostoli.
Da qui l’antico adagio: Lex orandi, lex credendi, secondo Prospero di Aquitania (monaco e teologo del V secolo: 390-463).
La legge della preghiera è la legge della fede, la Chiesa crede come prega. E quel che prega e crede, poi lo vive intensamente.
Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi trasformare in Colui che riceviamo.
Sant’Agostino ci aiuta a comprendere questo mistero di trasfigurazione, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo: “Io sono il cibo dei grandi. Cresci, e mi mangerai. E non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo della tua carne; ma tu verrai trasformato in me” (Confessioni VII, 10, 16: PL 32, 742).
Ogni volta che noi facciamo la comunione, assomigliamo di più a Gesù, ci trasformiamo di più in Gesù. Come il pane e il vino sono convertiti nel Corpo e Sangue del Signore, così quanti li ricevono con fede sono trasformati in Eucaristia vivente. Al sacerdote che, distribuendo l’Eucaristia, ti dice: «Il Corpo di Cristo», tu rispondi: «Amen», ossia riconosci la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo. Perché quando tu ricevi l’Eucaristia diventi corpo di Cristo. E’ bello, questo; è molto bello. Mentre ci unisce a Cristo, strappandoci dai nostri egoismi, la Comunione ci apre ed unisce a tutti coloro che sono una sola cosa in Lui. Ecco il prodigio della Comunione: diventiamo ciò che riceviamo! (Catechesi di Papa Francesco, 21 marzo 2018)
Cari amici, l’Esortazione Apostolica Postsinodale ai giovani e a tutto il popolo di Dio – e noi possiamo essere o rimanere giovani, almeno nel cuore, – ci invita a mettere al centro della vita l’incontro con Gesù Eucaristia e a fare della propria esistenza un dono sacrificale a Dio e ai fratelli: “sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede” (Christus Vivit 299).
 
Con la benedizione del Signore,
                                                                                 + don Luigi, vescovo
 
Civitavecchia, 24 novembre 2019 – solennità di Gesù Cristo, Re dell’universo

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06-12-2019