Solo lo stupore conosce il mistero del Natale


L’odierna liturgia eucaristica è eco del mistero dell’Incarnazione. Ascoltiamo di nuovo, come nella Messa del Giorno di Natale, il sublime Prologo del Vangelo di Giovanni, la cui bellezza è tale da sempre dischiudere nuove, profonde suggestioni. Mentre attendiamo che nel presepe compaiano i Magi guidati dalla stella, vorrei proporre una breve riflessione sullo stupore, questo, ormai sconosciuto, atteggiamento di meraviglia, di silenzio orante, di estatica attenzione che noi cristiani fatichiamo così tanto a sperimentare nella nostra vita di fede. Conservo gelosamente un segnalibro con una frase di Gregorio di Nissa, molto nota: ‘I concetti creano gli idoli. Solo lo stupore conosce’. Aldilà delle implicazioni filosofiche di tale aforisma, credo davvero che esso possa orientare la nostra meditazione in queste giornate ancora odorose di festa, di intimità. Se è vero che la Grazia di Dio sempre dovrebbe suscitare nella nostra quotidianità meraviglia e ammirazione, ciò è tanto più vero di fronte al mistero di un Dio che si fa carne, che giace in una mangiatoia, che assume la veste umana di un piccolo bambino nato in una stalla. Non c’è Natale se non proviamo stupore di fronte ad un evento simile: l’attesa dei secoli e dei profeti colmata in una città dimenticata da tutti, in una famiglia umile e povera, tra le pecore e i miseri pastori.