Giovedì 20 maggio la Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia ha celebrato, con una Messa solenne presieduta dal vescovo Gianrico Ruzza e concelebrata dall’intero presbiterio, i novecento anni di fondazione della Chiesa di Santa Maria in Castello a Tarquinia. Capolavoro assoluto del romanico, architettura dello spirito e monumento nazionale, è uno dei simboli più straordinari della città.
«Tempio magnifico con eccellente struttura, situato tra le doi porte della città nel luogo detto il Castello». Con questa formula lo storico e arcidiacono Muzio Polidori, intorno alla metà del XVII secolo, introduce l’edificio religioso più rappresentativo della storia medievale di Corneto.
È la chiesa stessa, con le sue epigrafi affisse alle pareti, incise sugli stipiti, sull’architrave e sull’arco del portale, a conservare i documenti delle diverse fasi della costruzione: dagli interventi dei priori e dei religiosi che officiavano la chiesa al concorso solidale del potere civile, dalla collocazione delle reliquie dei martiri Saturnino, Sisinnio, Timoteo e Sinforiano alla realizzazione delle decorazioni lapidee da parte dei maestri cosmateschi.
Un magnifico archivio sopravvissuto ai secoli e agli insulti degli uomini, da ultimo, quello dell’occupazione napoleonica che pose fine alla secolare presenza dei padri conventuali e aprì un periodo d’abbandono, tragicamente segnalato dal terremoto del 1819 che provocò il crollo della cupola.
La più significativa delle epigrafi è, su uno stipite della porta maggiore, quella che attesta la dedicazione mariana e il ricorso all’intercessione della Vergine per ottenere la protezione del Figlio sulla chiesa dove il popolo si riuniva anche per attendere alle decisioni politiche.
Quella dedicazione rinnovava la più antica presenza di una chiesa di Santa Maria «in Castello Corgnito», attestata già nell’anno 1111, che ci porta alle origini della storia di Corneto, ormai risorta a «Granaio di Roma» sul lavoro di bonifica del territorio realizzato dalle comunità benedettine, e in procinto di stringere importanti trattati commerciali con le repubbliche di Genova e di Pisa.
Ci vollero 87 anni per completare la costruzione. La chiesa venne dedicata il 20 maggio del 1207.
Furono invitati a quella cerimonia dodici vescovi, in una cerimonia solennemente partecipata, come se si dovesse aggiungere un’altra cattedrale alle dodici che circondavano il territorio di Corneto, la cui giurisdizione era compresa dal fiume Fiora ai Monti della Tolfa.
Il 20 maggio divenne così la data della festa con fiera di Santa Maria di Castello – che passò poi il testimone a quella di Valverde – e il 20 maggio del 2007 il vescovo Carlo Chenis, all’inizio del suo breve episcopato, volle celebrare l’ottavo centenario della dedicazione con una funzione religiosa cui seguì la presentazione dell’edizione integrale dell’opera di Muzio Polidori.
I lavori di recupero strutturale della chiesa iniziarono negli anni Settanta, anche grazie alla collaborazione della Società Tarquiniense d’Arte e Storia. Attraverso i fondi dell’8×1000, la diocesi ha realizzato un primo intervento di restauro delle coperture e delle volte, ed è in procinto di aprire il cantiere per il consolidamento della parete che dal ciglio della rupe è rivolta verso il fiume Marta.
Però, come ci ha ricordato il vescovo Ruzza «non basta recuperare le strutture murarie della chiesa». È necessario riprendere e ravvivare la vocazione religiosa di Santa Maria in Castello perché «considerarla soltanto un maestoso contenitore di eventi e ridurlo a location suggestiva per manifestazioni culturali o mondane, provocherebbe un imperdonabile depauperamento del Tempio magnifico che risale fino alle origini stesse della città».