Sabato 9 aprile presso il Teatro Buonarroti di Civitavecchia si è tenuto il convegno diocesano “Ero forestiero e mi avete ospitato” promosso dall’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro e dalla Caritas diocesana. Un incontro di informazione rivolto alle comunità parrocchiali sul tema dell’immigrazione, anche alla luce dei recenti sviluppi che riguardano alcuni comuni della diocesi.
L’iniziativa, aperta dal vescovo Luigi Marrucci, ha avuto come relatore principale Oliviero Forti, dell’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana e presidente della Commissione immigrazione di Caritas Europa.
Nel suo intervento, Forti ha toccato i temi più caldi del momento relativi all’immigrazione dell’area europea, in particolare nel canale del Mediterraneo che più da vicino riguarda l’Italia, sottolineando il ruolo in prima linea della Chiesa in questa sfida all’accoglienza e nella tutela, nell’accompagnamento dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Infatti, su circa 95mila persone migranti – ospitate nei diversi Centri di accoglienza ordinari (CARA) e straordinari (CAS), nonché nel Sistema nazionale di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) – diocesi e parrocchie, famiglie e comunità religiose, ne accolgono oltre 20mila in circa 1.600 strutture.
Un approfondimento è stato fatto anche sul dramma dei profughi al confine tra Grecia e Macedonia. Sono soprattutto siriani, iracheni e afghani, tra cui molte donne e bambini, i rifugiati che stanno percorrendo la strada della speranza per arrivare nel Nord Europa, attraversando tutta una serie di Paesi che cercano di fermare questo esodo riattivando confini ormai scomparsi. Preoccupa in modo particolare l’accordo tra Unione Europea e Turchia per la mancanza di garanzie sul rispetto dei diritti umani.
Si è più volte evidenziato come l’immigrazione sia ormai un fenomeno di portata storica che non è immaginabile, come qualcuno pensa, di arginare con le barriere o le barricate. Secondo il relatore «il concetto basilare non deve essere “immigrazione si o immigrazione no”, ma prendere coscienza del fatto che non si tratta di emergenza soltanto, come spesso ci fanno intendere, ma della fatica dell’accoglienza». Secondo Forti, «con il confronto con le istituzioni e la programmazione, lasciando fuori le sterili polemiche politiche, si potrebbero superare le rigidità normative e burocratiche garantendo sia la sicurezza che un livello dignitoso di accoglienza.Tutto questo va fatto insieme, con una strategia comune».
L’accoglienza non è solo una questione di strutture, ma di organizzazione più generale, perché non si può improvvisare né dal punto di vista organizzativo né umano. L’ospitalità non ha colore né nazionalità per la Caritas che da sempre è al fianco del più debole, ma l’appello lanciato da Papa Francesco va oltre e rivolge lo sguardo al coinvolgimento dell’intera comunità cristiana, esigenza ricordata anche dal vescovo Luigi Marrucci.
Ecco perché l’idea di un Convegno diocesano che oltre ad informare con un excursus sul fenomeno migratorio degli ultimi anni, ha voluto contribuire allo scuotimento delle coscienze affinché l’accoglienza possa essere vera integrazione e soprattutto non affrontata solo come fenomeno di massa, al quale – stiamo vedendo – è difficile rispondere dignitosamente. La strada da percorrere è quella di un’accoglienza diffusa sul territorio fatta di piccoli numeri e rispetto alla quale ogni essere umano è chiamato ad acquisire nuove conoscenze, esigenze e modalità operative.
Un’esperienza che Caritas Italiana sta promuovendo con il progetto “Rifugiato a casa mia”, che vede il coinvolgimento della comunità cristiana in uno sforzo volto all’accoglienza di rifugiati e richiedenti protezione internazionale presso famiglie, istituti religiosi o parrocchie dove comunque i beneficiari dovranno essere seguiti da famiglie tutor.
L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata alla sfida particolarmente difficile che attende il territorio della Diocesi, soprattutto in relazione alla possibile realizzazione di un CARA o di Hub regionale presso la caserma “De Carolis” di Civitavecchia, che porterà all’accoglienza di un numero importante di immigrati e che richiederà la necessità di uno sforzo comune che ad oggi sembra ancora molto lontano. (Stefania Milioni – Caritas)