«È la fede che fa la differenza»

L'editoriale di Pasqua del vescovo Gianrico Ruzza

Sento da più parti l’espressione: “che Pasqua strana sarà questa!” e penso che sia un pensiero giustificato e condivisibile. Non possiamo permettere alla preoccupazione originata dalla pandemia che ci affligge di turbare le certezze esistenziali principali della nostra vita. Che sia, perciò, una Pasqua in cui possiamo riflettere sul valore della vita e sull’Amore che la inonda, grazie all’opera di Gesù Cristo, che ci ha donato tutto per liberarci dalla paura e dalla morte.

Desidero augurare a tutti i miei fratelli e a tutte le mie sorelle della Diocesi di Civitavecchia – Tarquinia di essere convinti e certi della potenza della Resurrezione del Signore. Non permettiamo, pertanto, alla paura di prendere il sopravvento.

Il Vangelo di Marco che viene letto nella grande Veglia del Sabato Santo (con la quale si celebra solennemente la Pasqua) ci dice che le donne che seguivano Gesù stavano ad osservare mentre il corpo del Cristo veniva deposto nel sepolcro. Anche noi stiamo a guardare: da mesi siamo abituati a ricevere le notizie delle ore 18 quando viene emanato il bollettino sull’andamento epidemiologico; stiamo a guardare quando arrivano notizie che i social e i moderni mezzi di comunicazione anticipano prima ancora che il contenuto delle notizie stesse sia elaborato e venga fatto oggetto di una riflessione ponderata; stiamo a guardare,  seguendo le polemiche che affollano i media o per ragioni politiche o per le cronache dello spettacolo (ne è un esempio quanto avvenuto in occasione del Festival della canzone italiana di Sanremo, dove sono stati offerti spettacoli a dir poco discutibili quanto al buon gusto e al rispetto per la sensibilità spirituale di tante persone)….

Occorre reagire all’invasione di informazioni e di messaggi che ci sommerge. Le donne che andavano a vedere dinanzi al sepolcro e cercavano uno spiraglio di speranza – dopo aver assistito al tragico evento del Golgota – ricevettero una notizia straordinaria. Fu detto loro: “voi cercate qui, tra i morti, Gesù di Nazaret, ma non è qui, non può essere qui, perché è Risorto!”. Incredibile! Che cosa vuol dire che è risorto? Come è possibile che un uomo risorga dai morti: certamente questo avranno pensato le donne e sono convinto che lo pensano moltissimi anche oggi. In quella notizia, però, viene data a quelle sorelle, affezionate discepole del Maestro, una serie di annunci che ci riguardano direttamente.

Sì, anche noi potremo accogliere la notizia straordinaria della Resurrezione; ci sarà consentito, allora,  comprendere quello che le donne in un istante accolsero nel loro cuore: la speranza è possibile;  il futuro non è buio; la fede in Colui che ci guida non è morta;  la gioia è a portata di mano! Tutto questo ci dice la Pasqua e in tempi così complessi come quelli del Covid-19 e della crisi esistenziale che ne è stata generata: pensare ad un futuro possibile è una bella notizia; sapere che possiamo sperare in qualcosa che trascende i confini delle statistiche e dei calcoli probabilistici ci conforta e ci apre alla speranza; anche se la cultura dominante cerca di esorcizzare in ogni modo ogni riferimento all’eternità e alla consapevolezza dell’aldilà, credere che la fede in Cristo Risorto non è affatto morta ed è pronta a permeare i nostri cuori, questo offre autentici motivi di gioia e di serenità.

Le conseguenze morali e sociali delle restrizioni cui siamo necessariamente sottoposti sono sotto gli occhi di tutti e creano molta preoccupazione. È innegabile che il settore turistico e tutto il comparto del commercio stanno vivendo una sofferenza senza precedenti. Le conseguenze occupazionali sono realmente complesse e la Caritas mi informa che le richieste di aiuto che giungono ai vari Centri di ascolto sono cresciute in modo esponenziale. Come non pensare, poi, alle sofferenze psicologiche dei nostri ragazzi e alla solitudine dei nostri anziani? Tutti desideriamo “uscire” dalla crisi. La fede può aiutarci e dobbiamo confidare nella fortezza che viene dal rapporto con il Signore. Occorre, però, anche tanto impegno.

A tal proposito, non credo sia eccessivo affermare che avremmo bisogno di una stagione costituente per rifondare le regole della convivenza civile e pacifica, avendo come bussola fondamentale i valori umani e solidali che ispirano la Carta costituzionale del nostro paese. Anzi, penso che offrire la propria collaborazione per ri-costruire il paese dalle macerie lasciateci dal coronavirus (così come avvenne negli anni cinquanta, dopo il secondo conflitto mondiale) sia un impegno veramente evangelico. È un modo di rispondere all’appello di Papa Francesco in vista di un’ecologia integrale, che appare sempre più come un grido profetico per salvare l’umanità dalla catastrofe (LS 139.157): la pandemia è un segnale dei possibili scenari che si affacciano all’orizzonte.

Abbiamo bisogno di ripetere che la fede “fa la differenza”: credere in Colui che cancella il potere della morte e di ogni sconfitta offre alla nostra vita una carica di positività e di forza incommensurabile. Ne abbiamo un profondo bisogno; soprattutto ne abbiamo un grande desiderio per elevare lo sguardo e non attendere invano notizie ottimistiche (spesso senza ottenere alcun risultato). La fede dei cristiani ha la capacità di innervare nella storia un senso chiaro e forte di luce e di vigore: non è fatta per rimanere in cantina o per essere reclusa in un ambito privatistico; essa può rappresentare un punto di svolta autentico; essa ha dato vita alla più grande rivoluzione che la storia umana abbia conosciuto: la rivoluzione dell’Amore senza limiti.

Esploda, allora, il nostro “Alleluja” incessante. Trionfi la speranza e rifulga la gioia nel mondo assetato di serenità e di pace. Vinca la certezza che ogni segno di morte è sconfitto e debellato e che il Signore a noi tutti dona una Vita che non terminerà mai. Saremo con Lui e vivremo in Lui, per sempre! È questo il senso dell’invito rivolto alle donne del Vangelo: “andate e dite ai suoi discepoli che è risorto e li attende in Galilea”. Ora devono crederGli, ora possono comprendere. Ora la poca fede può far spazio alla gioia immensa: Gesù Cristo è Signore della vita e della storia!

Auguri “forti” e “coraggiosi”, allora, a tutti coloro che leggeranno queste righe. Desidero farli con un pensiero illuminante di un grande poeta:

Dio c’è, ma non si vede. Oppure si vede, e allora non c’è. Sono tante le cose che non si vedono, eppure ci sono: esistono!Voi non vedete il vostro pensiero, ma il pensiero esiste; non vedete la forza che muove il vostro corpo, ma il corpo si muove: la forza esiste; non vedete la luce, ma la luce esiste. Si sente il respiro, ma non si vede. Tanto che, se non respiri, muori. Ecco, Dio è come il respiro.
Anche la voce non si vede, ma si sente: e Dio è come la voce che ora t’invita a risalire il fiume per scoprire la sorgente. Anzi, come la sorgente non si vede mai; se però non ci fosse la sorgente, non ci sarebbe il fiume.
È questo il mistero della vita. Dio è questo mistero, è la vita stessa: è il respiro delle cose, il vento che spira dove vuole; è la luce che splende, la sorgente nascosta nel cuore della montagna da cui nasce il fiume; è il pensiero che ordina ogni cosa; è la voce che parla nel silenzio del mondo, la voce che ti suggerisce i pensieri  buoni nel fondo del cuore: è l’amore che ama e crea.
Ecco, anche l’amore non si vede, ma vedi i gesti d’amore di tuo padre e di tua madre, i loro sacrifici, il loro dono. Per questo dici: “Quanto mi amano!”.
È così. E molto di più è per Dio. Allora, vedendo le sue opere, i suoi gesti, le cose che crea, tu dici: “Quanto dev’essere buono Dio!”.  (David Maria Turoldo)

+ don Gianrico Ruzza, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia