«Dio non è inaccessibile, si manifesta a ognuno di noi nel volto del prossimo»

Si è svolta il 29 ottobre la veglia ecumenica per ricordare i migranti morti promossa dalla diocesi con la Comunità di Sant'Egidio

«Dio non è inaccessibile, si manifesta a ognuno di noi nel volto del prossimo, soprattutto se si tratta di una persona povera o sofferente». Così il vescovo Luigi Marrucci ha commentato il brano del vangelo di Matteo sul “giudizio finale” nel corso della veglia di preghiera “Morire di Speranza” in suffragio dei migranti morti nel corso dell’ultimo anno.
Giunto alla terza edizione, l’incontro ecumenico promosso dalla diocesi e dalla comunità di Sant’Egidio, si è svolto il 29 ottobre scorso nella chiesa dei santi Martiri Giapponesi di Civitavecchia.
Nella meditazione del vangelo, monsignor Marrucci ha ricordato l’importanza del testo di Matteo per vivere il Giubileo della misericordia con opere concrete di carità. Per il vescovo «il brano va attualizzato e più alle opere da fare dobbiamo pensare alle persone che incontriamo: i piccoli che chiedono educazione; i giovani che hanno bisogno di essere guidati; le famiglie che necessitano di unione, attenzione e sostegno; gli anziani che vanno rispettati; gli esuli e i rifugiati che chiedono solidarietà e accoglienza».
Nel corso della preghiera sono stati letti i nomi di alcuni migranti morti nei numerosi naufragi avvenuti nel Mediterraneo e nel Mar Egeo. Il pastore Raffaele Gammarrota, della Chiesa Evangelica Battista, ha ricordato che «la speranza per i cristiani è vita, per questo tutti hanno il diritto a una vita migliore», invitando a pregare affinché «siano eliminati tutti i muri e le barriere che impediscono ai poveri di cercare un futuro migliore».
Al termine, prima della processione verso la Piazza degli Eventi dove è stata gettata una corona di fiori nel mare, è intervenuto anche Giuseppe Tarzia, comandante della Capitaneria di Porto di Civitavecchia e Direttore Marittimo del Lazio. «I migranti hanno avuto bisogno e li abbiamo soccorsi», ha detto l’ufficiale presentando una parte dell’equipaggio civitavecchiese impegnato a Lampedusa. «Soccorrere – ha sottolineato Tarzia – vuol dire portare aiuto e rischiare la vita; qualche volta anche rientrare in porto portando vita e morte a bordo e sentire le critiche di chi non è contento. Ringrazio i miei uomini che con umiltà svolgono il lavoro».