«Dio è Misericordia, Dio è Amore. Questa è la nostra gioia!»

Domenica 13 dicembre il vescovo Luigi Marrucci ha aperto la Porta Santa nella Cattedrale di Civitavecchia.

Centinaia di persone nella Cattedrale di Civitavecchia e nel piazzale antistante hanno preso parte alla celebrazione eucaristica per l’inizio del Giubileo della Misericordia nella Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia. La liturgia è iniziata con l’apertura della Porta Santa da parte del vescovo Luigi Marrucci.
Riportiamo la versione integrale dell’omelia pronunciata da monsignor Marrucci.
 
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“Siate lieti nel Signore… Egli è vicino (Fil 4,4-5)
Il Signore tuo Dio è un salvatore potente… ti rinnoverà con il suo amore (Sof 3,17).
 
 
Così l’apostolo Paolo si rivolge alla comunità cristiana di Filippi e il profeta Sofonia risolleva, con questa promessa, il cuore affranto degli abitanti di Gerusalemme. La grazia di Dio è fonte di gioia, di amabilità. La condanna è revocata, la sentenza è stracciata: “Dio è Misericordia, Dio è Amore”. Questa è la nostra gioia!
Abbiamo varcato la porta della nostra Chiesa Cattedrale, divenuta per noi “porta santa” in questo anno di grazia, attraversando la quale entriamo nel tempio, luogo della santa dimora di Dio, luogo della comunione fraterna, luogo della rinascita all’Amore. La Parola proclamata richiama i grandi temi che papa Francesco ha indicato per questo anno giubilare: attingere dal cuore misericordioso di Dio grazia e riconciliazione per aprirci al perdono e riempire la vita di azioni buone, di opere di misericordia spirituali e corporali.
Alla domanda “che cosa dobbiamo fare”, il Battista ammonisce le folle richiamando la solidarietà, la condivisione: “chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”; ai pubblicani – esattori dell’impero romano dice: “non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato” esortandoli alla giustizia, all’equità; ai soldati risponde: “non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe”: li invita al superamento del dominio sugli altri, a non essere prepotenti. E’ l’invito del Battista ad una esistenza buona perché Colui che viene consacra “in Spirito Santo e fuoco”, guarisce nell’amore di Dio e nella Misericordia. Commenta San Cirillo di Alessandria (370-444 vescovo, teologo, dottore della Chiesa): “Gesù è Dio e Signore, per questo può donare al popolo l’inabitazione dello Spirito Santo e rendere quelli che vi affluiscono partecipi della natura divina” (Commento a Luca, omelia 10).
Cari amici, è il Signore Gesù che ci attrae e ci immerge nel mistero dell’Amore del Padre, grazie al dono e alla forza vivificante dello Spirito Santo! Ci chiede però di camminare consapevolmente nel quotidiano della vita. Lì Dio incontra ogni persona e le dona salvezza.
 
 
1. Il cuore del giubileo è Gesù Cristo
E Gesù è l’uomo-Dio, il Volto dell’Amore del Padre, il Salvatore e la speranza dell’umanità, il sommo Maestro, il Pastore, il pane della vita, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini. E “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (GS 22).
“Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. « Dio è amore » (1 Gv 4,8.16)… e questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente” (Misericordae Vultus, 8).
 
2. Il senso del peccato
Innalzare lo sguardo su Gesù ci sprona ad una introspezione, a guardare dentro la nostra esistenza.
L’uomo si allontana dal disegno di Dio, dal suo progetto salvifico a causa del peccato, cioè per quella incapacità di comunicare con la ragione, con la verità, con la retta coscienza – come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 1849), ferendo la natura e attentando alla solidarietà fraterna. Così l’atto peccaminoso diviene offesa a Dio, allontana da Dio il cuore dell’uomo fino a disprezzare Dio stesso e diviene esaltazione di sé, idolatria (CCC 1850).
Spesso capita che l’uomo si fermi più a guardare la propria colpa, magari vergognandosene, anziché alzare la testa per lasciarsi attrarre dalla Misericordia, la quale, come afferma Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo, è “architrave che sorregge la vita della Chiesa”.
Prevale di più talvolta il senso di colpa, tipico di ogni trasgressione, anziché il senso del peccato che amareggia per l’offesa a Dio e ai fratelli, ma che comunque sprona il credente a bussare al cuore del Padre, per ottenere “perdono, forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza” (Misericordiae Vultus, 10).
“La gioia di Dio è perdonare, l’essere di Dio è misericordia” (Papa Francesco).
Riconoscere il proprio peccato e la propria povertà interiore e ricollocarsi nel progetto di Dio, vuol dire affermare il primato della sua grazia e della sua potenza salvatrice.
“L’Anno della Misericordia ci faccia ripartire dallo sguardo amorevole di Dio; ci spinga a ridire la fede a noi stessi e ai nostri fratelli: quando la fede è debole, anche la sfida nel momento della storia si fa evanescente. Se si trascura la relazione con Dio, si cade nell’indifferenza, nella incapacità di illuminare i fratelli” (Papa Francesco).
 
3. L’icona che ci sta davanti, a lato dell’altare
Durante il pellegrinaggio nazionale dell’UNITALSI a Lourdes nello scorso settembre, mi ha colpito il gruppo scultoreo che le suore del Monastero hanno lavorato, tanto da volerlo come icona diocesana del Giubileo della Misericordia.
Gesù viene deposto dalla croce da Nicodemo, mentre a fianco, in preghiera sta la Vergine Addolorata.
E’ lei la Madre che abbiamo venerato durante questo anno diocesano, è Maria che ci ha guidati nella catechesi, nelle celebrazioni e in diversi gesti di accoglienza e di carità.
Quindi l’annuncio del Giubileo della Misericordia da parte del Santo Padre altro non è che il naturale sviluppo della funzione materna della Vergine: condurci a Cristo, per essere uomini nuovi, rinati dall’Amore misericordioso del Padre, di cui Gesù Cristo è il Volto visibile.
L’icona mostra Gesù morto, che Nicodemo stacca dalla croce e lo accoglie, lo abbraccia per dargli sepoltura.
Di questo personaggio l’evangelista Giovanni, nella sua narrazione, parla tre volte:

quando incontra Gesù e ascolta il suo insegnamento (Gv 3,1-21);quando interviene in difesa di Gesù mentre i Farisei vorrebbero farlo arrestare (Gv 7,45-51)quando aiuta Giuseppe d Arimatea a deporre il corpo di Gesù nella tomba (Gv 19,39-42).

Nicodemo è l’uomo che va da Gesù “di notte”, è un’autorità giudaica del tempo alla ricerca della “luce”.
Il contrasto tra luce e tenebre che accompagna tutta la narrazione del quarto vangelo, qui esprime il clima interiore che abita il cuore di Nicodemo, simbolo del cuore di ogni uomo.
Nicodemo crede, ma la sua fede presuntuosamente ancorata alla Legge non gli permette di cogliere la novità della persona e del messaggio di Gesù. Non gli è facile ri-cominciare, lasciarsi rin-novare, come il Maestro suggerisce.
Poi Gesù gli presenta il cuore della rivelazione e della fede cristiana: accogliere prima di tutto l’amore che Dio ha manifestato nel dono del suo Figlio.
Ad una religione che pensa di poter raggiungere Dio attraverso la stretta osservanza della Legge, Cristo contrappone una fede che sa accogliere l’amore di Dio, la tenerezza del perdono.
Solo allora avviene la risposta: Nicodemo provvede ad una quantità di profumo per la sepoltura di Gesù mostrando così il suo itinerario dalla notte del dubbio alla luce della fede, dal timore al coraggio. Il simbolismo del profumo, come insegna il Cantico dei Cantici, diventa espressione dell’amore cercato e trovato.
Per Nicodemo il giardino del sepolcro diventa così il giardino del paradiso dove Dio, nella creazione, aveva collocato l’uomo e dove lo vuole incontrare “rinato a sua immagine” con la redenzione del Figlio.
 
Cari amici, il mistero di Nicodemo è il mistero stesso dell’uomo, è il mistero di ciascuno di noi, perché è il mistero dell’amore. Quante ricerche nel buio delle notti; quanto cammino per approfondire la fede; quante cadute lungo la strada della vita umana, cristiana, presbiterale; quanta fatica prima di intravedere uno spiraglio di luce!
Ma senza paura. Anche a noi Gesù si dona come a Nicodemo. E’ sufficiente tendere le braccia, cioè aprire il cuore e accoglierlo. Egli è il dono dolce e soave della misericordia di Dio!
Sia questo il nostro itinerario giubilare, sia il cammino di tutta la Chiesa, sia un percorso di luce per tutta l’umanità!
Così sia.