«Il vescovo Luigi è nelle braccia e nella misericordia di Dio»

«Luigi è stato apostolo e non solo perché successore degli apostoli, ma per la passione con cui ha annunciato la Parola di Dio e si è chinato migliaia di volte sui sofferenti per annunciare la bellezza e la forza del Vangelo che sana e che salva. Fedele seguace e ministro convinto, si è fatto servo di quella Parola che è e che sarà il fondamento della fede di oggi e per sempre». Così il vescovo Gianrico Ruzza ha ricordato monsignor Luigi Marrucci, vescovo emerito di Civitavecchia-Tarquinia, durante l’omelia della celebrazione eucaristica per il rito funebre che si è svolto questa nella Cattedrale di Civitavecchia.

Il presule, che ha guidato la diocesi dal 2010 al 2020, è deceduto domenica 4 giugno, solennità della Santissima Trinità, presso la sua abitazione nel Santuario della Santissima Concezione a Civitavecchia, dove si era ritirato al termine del mandato episcopale.

Già negli ultimi mesi del suo servizio da vescovo, monsignor Marrucci è stato affetto da una patologia invalidante che lo ha costretto a ricoveri frequenti, ma in questi anni non si è mai risparmiato nell’attenzione ai presbiteri e nell’accoglienza dei fedeli.

Il funerale, presieduto dal vescovo Ruzza suo successore, si è svolto il 7 giugno nella Cattedrale di Civitavecchia. La celebrazione è iniziata con la processione del feretro dalla chiesa della Santissima Concezione che è stato accompagnato da tutto il clero della diocesi. Erano presenti anche il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le cause dei santi, e undici vescovi provenienti da Lazio, Umbria e Toscana. Presenti al rito funebre anche i sindaci dei comuni su cui si estende la diocesi e quello di Montescudaio, paese natale di monsignor Marrucci. Con loro le autorità civili e militari, la presidenza nazionale dell’Unitalsi, le associazioni e i movimenti ecclesiali, i rappresentanti delle Chiese cristiane presenti in diocesi.

«Il vescovo Luigi – ha ricordato il celebrante – è stato un pastore generoso, instancabile annunciatore del mistero della redenzione compiuto della Pasqua del Signore Gesù». «La forza di questa testimonianza nella fede – ha aggiunto -, oggi ancor più necessaria e luminosa nella società liquida in cui siamo immersi, appare quanto mai incisiva per donarci la certezza della gioia autentica».

Una comunità che vive con questa forza, ha detto Ruzza «diviene il luogo della gioia condivisa». «Anche per il nostro fratello Luigi è stato così nelle comunità della diocesi di Volterra in cui è stato parroco, nel seminario dove ha insegnato ed è stato educatore, con gli ammalati che ha accompagnato nell’Unitalsi. È stato così anche in questa Chiesa, vivace e allo stesso tempo assetata, in cui è stato servo e maestro».

«Il vescovo – ha poi detto Ruzza – è sempre il primo testimone della resurrezione del Signore. Posto al servizio della Chiesa, nei secoli assicura al mondo che la morte è distrutta per sempre».

«Proprio dalla testimonianza del nostro fratello vescovo, come presbiterio di questa bella chiesa particolare, traiamo l’auspicio e l’impegno di vivere nell’unità e di essere servi umili della Parola del Signore che ci guida ad amare e perdonare, per costituire quella civiltà dell’amore che è l’unica che possa soddisfare alle esigenze profonde dell’uomo bisognoso di speranza e di consolazione».

Un pensiero anche agli ultimi giorni del defunto. «L’offerta della sofferenza ha ottenuto in questo servo fedele di sentirsi accanto a ogni sofferente in previsione del passaggio alla dimensione eterna. In questi giorni mi ha ripetuto più volte ‘sono sereno’. Questo mi ha profondamente commosso: ho visto la fede e l’affidamento pieno nelle braccia e nella misericordia di Dio».

Monsignor Rinaldo Copponi, vicario generale della diocesi, ha letto un testo introduttivo al rito di congedo lasciato dal defunto. Il presule si è detto «grato al Signore» per la «vita partecipata» con la famiglia; per «la chiamata al sacerdozio maturata nella famiglia e nella parrocchia di Montescudaio»; per il ministero presbiterale e per per comunità in cui lo ha vissuto; per «il dono del sommo sacerdozio» a cui è stato chiamato da papa Benedetto XVI. Soprattutto, ha scritto di «essere grato al Signore per questo momento sacrificale con il quale sigilla il dono della sua esistenza a Gesù Cristo e alla Chiesa, due amori da cui mai mi sono separato».

Successivamente è stato letto il messaggio inviato dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato. «Il Sommo Pontefice nel ricordare il generoso servizio alla Chiesa del compianto presule, sempre vicino al popolo e sollecito alle persone fragili, implora per lui dal Signore, auspice la Vergine Maria, il premio eterno promesso ai fedeli servitori del Vangelo e di cuore imparate la benedizione apostolica a quanti ne compiangono la dipartita».

Al termine del rito delle esequie, presieduto dal cardinale Semeraro, la salma è stata posta nella tomba dedicata ai vescovi presso la nuova ala del Museo diocesano presente nella Cattedrale.