28 aprile – Civitavecchia ha rinnovato il patto d’amore con Santa Fermina

28 aprile 2012
Una festa ‘per cantare la gloria di Dio con l’aiuto di Santa Fermina, testimone gloriosa di amore e di fedeltà a Gesù Cristo, fino al dono della vita’. Con queste parole monsignor Luigi Marrucci, vescovo di Civitavecchia, ha salutato la numerosa assemblea che lo scorso 28 aprile ha affollato la cattedrale per rendere omaggio alla Santa patrona della città. La celebrazione del mattino è stata, insieme alla solenne processione serale, il momento culminante di una festa che ha coinvolto l’intera comunità diocesana. La liturgia, presieduta dall’arcivescovo monsignor Pietro Marini presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, è stata concelebrata da monsignor Marrucci ed ha visto la partecipazione del clero diocesano e dei vicari generali della diocesi di Terni-Amelia, monsignor Francesco De Santis, e della Diocesi di Volterra, monsignor Marco Fabbri.
Nell’omelia, ricordando che la festa della santa si svolge nel tempo pasquale, monsignor Marini ha sottolineato come il cammino processionale rappresenti ‘il cammino verso una meta che è la caratteristica di ogni discepolo del Signore’. Il presule si è inoltre soffermato sulla figura della martire che ‘ha dato testimonianza della sua fede con la vita’. ‘Ella – ha spiegato l’arcivescovo – di fronte alle difficoltà e ai pericoli non si è tirata indietro, ma li ha affrontati e vinti con coraggio. Ella ci insegna che la testimonianza cristiana è quella dell’amore’. Per questo, ha detto monsignor Marini, la martire ci insegna che ‘ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro legame con Gesù. Nessuno può evitare di perdere la propria vita, nessuno è dispensato dal dolore e dal sacrificio. L’uomo può solo decidere per che cosa è disposto a sacrificare se stesso. Il discepolo può contare solo su una promessa, ma questa promessa viene da Gesù’.
La giornata di festeggiamenti si era aperta al mattino presto con l’esibizione della banda musicale ‘Puccini’ e la celebrazione, nella cappella di Santa Fermina al Forte Michelangelo, della tradizionale messa presieduta dal vescovo Marrucci. Subito dopo ha avuto luogo il rito civile con l’incontro tra i sindaci di Civitavecchia e Amelia sul sagrato della Cattedrale, dove è stata rinnovata l’offerta del cero, seguita dalla messa pontificale. Con l’occasione, il sindaco Giovanni Moscherini ha scoperto una statua dedicata a monsignor Carlo Chenis, regalata alla città dall’artista Omero Bordo. La scultura, ha spiegato il primo cittadino, è il ricordo della città ‘ad un grande vescovo’ ed è stata ubicata nell’aiuola di fronte alla cattedrale perché ‘è il luogo dove monsignor Chenis, da bravo pastore, amava incontrare i giovani’.
La festa è proseguita al pomeriggio con la solenne processione accompagnata da numerosi dì fedeli che, partendo dalla Cattedrale, si è snodata fino al porto tra una vasta cornice di pubblico. Qui ha avuto luogo la benedizione del mare, l’offerta di una corona ai caduti del mare e alla statua della Santa all’antemurale.
Ad accompagnare tutti gli appuntamenti, come tradizione, gli sbandieratori con i costumi storici di Amelia, le due bande cittadine ‘Puccini’ e ‘Ponchielli’, gli sbandieratori e i tamburini del rione ”Polveriera” di Allumiere e, dopo tre anni di assenza, anche il corteo storico della Pro Loco civitavecchiese arricchito da 19 costumi nuovi. La solenne messa è stata animata dalla Corale ‘Giuseppe Verdi’ di Tarquinia e dai cori parrocchiali di Gesù Divin Lavoratore di Civitavecchia e Santo Spirito di Monte Romano.
dott. Alberto Colaiacomo
Di seguito riportiamo il saluto iniziale del vescovo Luigi e a seguire l’omelia tenuta da mons. Marini
 
SALUTO ALL’INIZIO DELLA CELEBRAZIONE
 
 Eccellenza carissima – arcivescovo Piero,
                                                                                         con immensa gioia, le porgo il saluto personale e della Chiesa di Civitavecchia-Tarquinia e la ringrazio per aver accolto l’invito a presiedere la Celebrazione Eucaristica nel giorno in cui festeggiamo Santa Fermina, patrona della nostra città.
 
Un bentornato in mezzo a noi, venerato vescovo Girolamo, con l’augurio di festeggiare insieme, il prossimo 25 aprile 2013, il sessantesimo della sua ordinazione sacerdotale.
 
Un saluto cordiale alle autorità civili e militari della città di Civitavecchia, ai vicari generali delle diocesi di Terni e Volterra e agli amici Amerini, che condividono la Santa patrona.
Con il Salmista anch’io canto: ‘Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!’ (Salmo 133,1).
 
Il Direttorio su pietà popolare e Liturgia, emanato il 17 dicembre 2001 dalla Congregazione per il Culto Divino e a Disciplina dei Sacramenti afferma:
‘La Chiesa – una, santa, cattolica, apostolica – mediante la forza dello Spirito Santo, crea la comunione dei Santi tra noi pellegrini e quanti hanno già conseguito la pienezza della vita,
i cittadini della Gerusalemme celeste, intercessori, patroni e amici.
Lo scopo ultimo della venerazione dei Santi è la gloria di Dio e la santificazione dell’uomo attraverso una vita pienamente conforme alla volontà di Dio e l’imitazione delle virtù di coloro che furono eminenti discepoli del Signore’(cfr nn° 209-212).
 
E la Costituzione conciliare sulla Chiesa ‘Lumen Gentium’ (n° 51) aggiunge:
‘il culto autentico dei Santi non consiste tanto nella molteplicità degli atti esteriori quanto piuttosto nell’intensità del nostro amore che si traduce in impegno di vita cristiana’.
 
Siamo qui per questo, cari amici: per cantare la gloria di Dio con l’aiuto di Santa Fermina, testimone gloriosa di amore e di fedeltà a Gesù Cristo, fino al dono della vita.
Siamo qui per ottenere dall’unico Santo – il Signore Dio – con la intercessione della nostra Vergine e Martire, la grazia necessaria a tradurre, con la nostra esistenza quotidiana, la Bellezza di un Dio che ci ama ed è nostra Misericordia e Consolazione.
                                                                                                                                                                                                Mons. Luigi Marrucci, Vescovo
 
OMELIA
 
Civitavecchia, S. Firmina
‘Se qualcuno vuol venire dietro a me, mi segua’
 
Sono lieto di celebrare insieme con voi fedeli di Civitavecchia la festa di Santa Firmina, vergine e martire, patrona della città. In modo particolare mi fa piacere concelebrare con il vostro Vescovo Luigi cui mi lega una lunga e fraterna amicizia. Ricordo quando nell’ormai lontano 1989 ci siamo ritrovati insieme per preparare la visita che il Papa Giovanni Paolo II compì a Volterra; ricordo i vari incontri per la preparazione delle celebrazioni del Papa con l’Unitalsi nella Basilica di San Pietro. Insieme abbiamo condiviso e continuiamo a condividere l’amore per liturgia e la riforma voluta dal Concilio Vaticano II, di cui quest’anno ricorre il 50° della solenne apertura presieduta dal Beato Papa Giovanni XXIII.
La festa della vostra Patrona ha luogo nel tempo pasquale, il tempo liturgico più antico della Chiesa, caratterizzato dalla fede nella risurrezione del Signore e dalla testimonianza della vita. A noi oggi la Chiesa presenta come esempio Santa Firmina, discepola di Cristo che ha confermato la sua fede con la testimonianza del martirio.
Pasqua, un cammino di fede
La festa odierna è caratterizzata da due importanti momenti di fede: la Santa Messa che stiamo celebrando e la preghiera dei Vespri seguita da un cammino processionale che percorreremo insieme nel pomeriggio portando l’immagine della Santa per le vie della città.
Il cammino verso una meta è la caratteristica di ogni discepolo del Signore. ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me – mi segua’. E’ stato il programma di vita di S. Firmina, è il programma di vita di ciascuno di noi. Il cammino di fede è stata una delle caratteristiche che la Chiesa ci ha insegnato durante la Quaresima e la Settimana Santa. Durante la Quaresima spesso il Signore ci ha ripetuto: ‘Ecco noi saliamo a Gerusalemme’.
‘      La settimana Santa poi si è aperta con il solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme. Anche noi ci siamo uniti al gruppo dei discepoli e alla folla della città per acclamare il Cristo: ‘Benedetto Colui che viene nel nome del Signore’.
‘      Infine, nei giorni del Triduo pasquale la Chiesa ci ha fatto percorrere altri due cammini: la via dolorosa, cioè la Via Crucis, verso il Calvario, un cammino pubblico; nel giorno di Pasqua un cammino nel nascondimento: ci siamo recati con alcune donne e alcuni discepoli al sepolcro. Ogni volta la Chiesa ci ha invitato a percorrere non tanto un cammino fisico quanto piuttosto un cammino di fede
Basta pensare al cammino verso il sepolcro vuoto percorso da Maria di Magdala, da Pietro e da Giovanni per capire che si tratta soprattutto un cammino di fede. Solo colui che riesce a vedere oltre la tomba vuota, solo chi come Maria di Magdala si impegna con amore alla ricerca di Gesù riceve in dono la fede e riesce ad incontrare il Signore Risorto.
La fede non è un dono garantito per sempre, è un tesoro che bisogna custodire attraverso l’impegno e la ricerca nello sforzo quotidiano di comprenderne il significato nella nostra vita.
L’incontro con il Signore
Si, dobbiamo seguire il Signore. Ma dov’è questo Signore? Dove possiamo incontrarlo? Come possiamo seguirlo? La testimonianza dei martiri e i Vangeli che la Chiesa ci fa ascoltare in queste domeniche del tempo pasquale ci aiutano a dare una risposta a questi interrogativi. Per poter incontrare il Signore anzitutto è necessario che i credenti accolgano l’invito a riunirsi insieme in un giorno particolare, la domenica,
Il Signore Gesù al centro della nostra vita
Ogni Domenica si rinnova per noi l’immagine dell’apocalisse: anche se non siamo una moltitudine Gesù l’Agnello di Dio è in mezzo a noi. La sua presenza comporta tuttavia la sua centralità. Ogni volta che Gesù risorto appare ai suoi discepoli nel luogo dove essi erano riuniti per timore dei giudei, Egli sta nel mezzo, al centro. È stato crocifisso in mezzo a due ladroni; dopo la risurrezione si trova ancora in mezzo ai suoi, egli è il punto di incontro, verso di lui guardano i discepoli di ogni tempo. Ancora oggi è al centro della nostra comunità. Egli è l’agnello che continua a versare il suo sangue per noi. Anche oggi risuonano le parole: ‘Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi. Questo è il mio sangue versato per voi.’ ‘Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo’. A lui dobbiamo rivolgere il nostro sguardo se vogliamo essere salvati.
La presenza del Signore in mezzo ai suoi è il segno della sua fedeltà: ‘Io tornerò da voi e il vostro cuore si rallegrerà. I discepoli hanno abbandonato il Signore durante la passione, egli, però, è rimasto fedele: ‘Non vi lascerò orfani, tornerò da voi’. Anche se noi nel momento della prova abbandoniamo il Signore, Egli rimane fedele, egli, ogni otto giorni, viene nell’Eucaristia ad asciugare ogni lacrima dai nostri occhi.
Si, Gesù viene, è qui per celebrare con noi l’Eucaristia, per liberarci, come ha fatto con i discepoli di Emmaus, dalle nostre paure, dai nostri dubbi, dalle nostre tristezze, per farci dono della pace, della gioia, del suo Spirito, per darci il coraggio della testimonianza.
            La domenica è veramente per noi un giorno particolare? È un incontro con il Signore nella Comunità?
Gesù crocifisso e risorto è veramente al centro della attenzione e dell’interesse della nostra vita?
La fede nel Risorto
La fede cristiana non è una fede astratta. Oggi nella Chiesa troviamo molto diffuse forme vaghe di vivere il cristianesimo. La fede autentica invece è rivolta ad una persona, al Signore Gesù: è uno slancio del cuore, un’adesione di tutto il proprio essere. Credere indica che la fede è una realtà dinamica, è movimento, cammino sempre da riprendere e rinnovare. È qualche cosa di personale, ma la professione di fede è fatta davanti alla comunità dei discepoli. ‘Noi crediamo in un solo Dio’ hanno affermato i Padri del Concilio di Nicea. Il cristiano non è un solitario. Colui che crede non è mai solo: ‘Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare’.
–             Ascoltare Dio che parla
La fede in Gesù è dunque una fede concreta. Avere fede in Gesù significa anzitutto ascoltare un ‘Dio che parla’. Il Dio della nostra fede non è un Dio lontano. Egli interviene nella storia, chiama l’uomo per nome e lo interpella. Ci ha chiamati per nome nel Battesimo, ci chiama per nome ogni volta che celebriamo un Sacramento. Il cristiano è dunque chiamato a mettersi in ascolto del Figlio di Dio, in colui che ci ha rivelato nel suo volto umano il volto di Dio invisibile. Ma credere, ascoltare il Signore Gesù, significa amarlo senza averlo visto, vivere la sua vita, seguire le sue tracce, stare con lui. I cristiani sono coloro che vivono la loro esistenza come lui ha vissuto la sua esistenza umana, animati dallo stesso Spirito che fu di Gesù.
–                     Incontrare Gesù
Credere in Gesù significa in realtà incontrarlo. Il cristianesimo infatti non è solo professare una dottrina, ma soprattutto vivere un evento: l’incontro con il Signore Gesù. È stata l’esperienza degli apostoli, dei primi discepoli, di Santa Firmina. All’inizio c’è stato un incontro con Gesù. Questa esperienza si rinnova ancora oggi. L’incontro con Cristo si rinnova per tutti noi. È necessario credere in lui, ascoltarlo, incontrarlo, seguirlo.
 
Partecipare con i sensi
Le letture bibliche che abbiamo ascoltato attirano la nostra attenzione su alcuni elementi concreti, su alcuni gesti del corpo umano: la moltitudine dei discepoli indossavano vesti candide, tenevano rami di palma nelle loro mani, gridavano a gran voce lodando il Signore, s’inchinavano con la faccia a terra adorando Dio. Anche di S. Firmina con il suo martirio ci richiama alla realtà del corpo umano. Nei Vangeli pasquali poi Gesù, l’Agnello che nella passione ha versato il sangue dal suo corpo, parla, mostra le sue mani e i suoi piedi, invita a toccarlo, mangia davanti ai discepoli. La liturgia non dipende dalla sfera intellettuale, ma coinvolge l’ambito fisico. La liturgia è un incontro tra una persona e Dio e tra una persona e altre persone che condividono la stessa fede e l’incontro avviene sempre attraverso la mediazione del corpo. Per il cristiano, dunque, il corpo è il luogo dell’adempimento della volontà di Dio e della comunione con Lui.
Il tempo della liturgia, di conseguenza, è soprattutto tempo del corpo e tempo dei sensi, proprio perché i sensi sono via di comunione con Dio e con i fratelli. Nella liturgia quindi i sensi devono essere tenuti vigilanti e attenti. Quello della liturgia non è il tempo di chiudere gli occhi ma di aprirli perché guardino e vedano. È il tempo di aprire gli orecchi affinché ascoltino e comprendano. È il tempo di aprire la bocca per cantare ed esprimere la propria fede: ‘E gridavano a gran voce: la salvezza appartiene al nostro Dio.’ È il tempo di aprire il cuore perché si trasformi in cuore di carne. Solo i sensi attenti ci fanno vivere la liturgia come incontro di comunione con il Signore.
Una moltitudine immensa di testimoni
La proclamazione della parola di Dio si è aperta oggi con una immagine: ‘Vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare.’ Si tratta dei discepoli che sono andati dietro al Signore e hanno concluso il cammino. Si tratta in particolare di coloro che hanno testimoniato la loro fede con la vita ‘che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello’. Sono i martiri della cui moltitudine fa parte anche santa Firmina. Il loro martirio li ha resi partecipi del martirio di Cristo. Essi non lo hanno abbandonato lungo la Via Crucis, come invece succede a noi. Per questo essi sono passati insieme con Lui dalla morte alla vita. I martiri sono il modello radicale ed estremo del cristianesimo, ma il cammino dietro al Signore riguarda tutti noi. ‘Le mie pecore mi seguono. Io do loro la vita eterna’ (Gv 10, 27). Questa è l’immagine della Chiesa, è l’ immagine che diamo noi in questa celebrazione.
Ogni cristiano, ciascuno di noi, nonostante le proprie debolezze, è chiamato come i primi discepoli alla testimonianza. ‘Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù’ (At 4, 33). Dobbiamo essere sempre pronti, ci dice oggi San Pietro, a rendere testimonianza della speranza che è in noi.
Oggi ci è presentata la figura di un testimone nella immagine della Patrona Santa Firmina. Secondo la tradizione ella ha dato testimonianza della sua fede con la vita. Ella, di fronte alle difficoltà e ai pericoli non si è tirata indietro, ma li ha affrontati e vinti con coraggio. Ella ci insegna che la testimonianza cristiana è quella dell’amore. L’amore cristiano non è quello che rimanda sempre al domani, o quello che si manifesta solo nelle grandi occasioni, o quello che non vuole mai correre rischi, ‘Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua’. Gli esegeti fanno notare che le parole ‘ogni giorno’ sono state aggiunte da Luca alcuni decenni dopo gli avvenimenti della vita di Gesù. Già allora, fin dall’inizio si era capito con chiarezza che il pericolo più grave per la vita del discepolo é la perseveranza, la forza cioè di portare il peso della fedeltà al Signore nel quotidiano, senza lasciarsi sedurre dalle promesse del mondo o spaventare dalle sue minacce. Ogni giorno noi dobbiamo rinnovare il nostro legame con Gesù. Nessuno può evitare di perdere la propria vita , nessuno è dispensato dal dolore e dal sacrificio. L’uomo può solo decidere per che cosa è disposto a sacrificare se stesso. Il discepolo può contare solo su una promessa, ma questa promessa viene da Gesù.
Santa Firmina ci aiuti a vivere la nostra testimonianza cristiana. Al Signore presente in mezzo a noi volgiamo lo sguardo e diciamo:
Signore Gesù, tu sei il nostro Signore e il nostro Dio.
            Posa la tua mano sul nostro capo.
Donaci occhi limpidi per vederti,
donaci un udito umile per ascoltarti,
donaci labbra pure per pregarti,
donaci un cuore pieno d’amore per servirti. 
 
                                                                                                                                                                                                 Mons. Piero Marini