«I cristiani sanno da sempre che dalla capacità dagli amministratori della cosa pubblica e dei governanti, dal buon governo e dalla buona amministrazione, dipende non solo la prosperità materiale di una comunità, ma la possibilità stessa di una pacifica convivenza, di una vita degna, della qualità della vita».
Così il vescovo Gianrico Ruzza ha spiegato il significato del terzo incontro annuale con gli amministratori pubblici del territorio delle due diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina che si è svolto l’11 luglio nell’antica chiesa di Santa Maria Maggiore a Cerveteri. Un’iniziativa nata nell’ambito del cammino sinodale e che «ci ha insegnato un metodo per approfondire il dialogo e creare relazioni».
Il presule ha assicurato «un’apertura di credito a chi fa politica, soprattutto nell’amministrazione locale», ribadendo il sostegno della Chiesa a tutti, di tutti gli schieramenti, che si impegnino «in questa fondamentale espressione della carità».
Il pastore si è soffermato su alcuni grandi temi – quelli che portano all’antipolitica, alla disaffezione, al senso di impotenza e che allontanano dalla partecipazione – come l’emergenza educativa, le dipendenze, in modo particolare il gioco d’azzardo, la cura del creato e la massima sfida della pace.
«Vorrei proporvi di lavorare insieme – ha concluso il vescovo – per arginare la fuga delle persone dalla partecipazione e cercare insieme di ricreare il clima di passione per la cosa pubblica».
Dopo la relazione del vescovo ci sono stati alcuni interventi degli amministratori; erano presenti rappresentanti dei comuni di Cerveteri, Fiumicino, Civitavecchia, Santa Marinella, Tarquinia, Castelnuovo di Porto e dei Municipi 12 e 14 di Roma Capitale.
Al termine dell’incontro è stata presentata la bozza del “Manifesto dei valori e degli impegni comuni” realizzato da un gruppo di lavoro misto, con amministratori e animatori dei due uffici di Pastorale sociale e del lavoro delle diocesi, diretti da Vincenzo Mannino e Domenico Barbera, iniziato dopo l’incontro dello scorso anno.
I firmatari del Manifesto – che verrà ratificato nei prossimi mesi dai Consigli comunali – dichiarano di condividere alcune preoccupazioni comuni: le molteplici forme di povertà materiale e la crescente povertà educativa; la disaffezione alla partecipazione democratica, testimoniata anche dall’astensione dal voto; i fenomeni di disagio sociale, di esclusione e marginalità; le difficoltà di integrazione in una popolazione che si è trasformata nel giro di pochi decenni, arricchendosi di provenienze diverse; lo sfilacciamento delle relazioni personali autentiche e stabili, la carenza di luoghi aggregativi, specialmente per i giovani; e l’insufficienza dei poteri di Comuni e Municipi rispetto alle esigenze e alle attese dei cittadini. Particolarmente significativa è la sottolineatura della «solitudine degli Amministratori», spesso lasciati soli di fronte a responsabilità enormi.
Allo stesso tempo, gli amministratori e le diocesi guardano con fiducia alle risorse del territorio. Esprimono una comune fiducia nella vitalità delle comunità locali, nella varietà di culture ed esperienze che le abitano, e in un’economia multiforme che comprende l’economia del mare, l’agricoltura e l’allevamento, le grandi infrastrutture di trasporto, l’imprenditoria popolare del terziario e dell’artigianato, nonché la crescente presenza di enti del Terzo Settore. Anche l’imponente fenomeno del pendolarismo viene letto come una realtà faticosa ma densa di potenzialità.
Nel Manifesto, gli spazi di dialogo e collaborazione si fondano sulla dedizione al bene comune, declinata in una prospettiva di sussidiarietà. Le aree di impegno si articolano in molteplici direzioni: il contrasto alla povertà educativa attraverso la promozione di comunità educanti fondate sulla cooperazione tra agenzie formative; l’apertura a patti di collaborazione e forme di amministrazione condivisa tra istituzioni, associazioni e comitati locali; l’individuazione di azioni locali efficaci contro il cambiamento climatico e le diverse forme di inquinamento; la valorizzazione dei Consigli dei ragazzi e dei giovani, nonché la creazione di luoghi e strumenti per la partecipazione democratica; la promozione della cultura e dell’arte come beni comuni; l’integrazione sociale e civile degli immigrati e dei diversi gruppi sociali; il contrasto al gioco d’azzardo e alla droga.
Il Manifesto non è solo una dichiarazione d’intenti, ma anche un impegno operativo. Le amministrazioni firmatarie si impegnano a «proseguire il dialogo, ad attivare collaborazioni, a valutare insieme i risultati», promuovendo «iniziative di rete che suppliscano ai limiti istituzionali e ne sollecitino il superamento». Il testo rimane aperto, dinamico: «Strada facendo, anche per iniziativa delle Diocesi, potranno essere variate le priorità, integrata l’agenda comune, perfezionato il metodo».
L’auspicio conclusivo è chiaro e profondo: «che sempre sia la persona al centro di ogni iniziativa e che siano tutelati i diritti di ogni essere umano, nello spirito dell’accoglienza, della fraternità e del dialogo come suggerito dalla tradizione cristiana e dal Magistero di Papa Francesco e di Papa Leone XIII».