«Che gioia sentirti dire da Gesù: “Pasci i miei agnelli, pascola le mie pecore!”. È la vera gioia di ogni sacerdote, è la realizzazione della vocazione che abbiamo ricevuto, è il completamento di un cammino di crescita e di purificazione!».
Al culmine dell’omelia, profondamente commosso, il vescovo Gianrico Ruzza si è rivolto così a don Stefano Nisi nella celebrazione eucaristica in cui lo ha ordinato sacerdote.
Sabato 28 giugno, accompagnato dall’intera Chiesa delle due diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina, delle quali nell’affollata Cattedrale di Civitavecchia erano presenti solo delle rappresentanze nelle molteplici componenti, don Stefano era insieme ai familiari, ai compagni del seminario di Viterbo e, soprattutto, ai confratelli presbiteri che lo hanno accolto.
Un’omelia intensa, quella di Ruzza, che ha richiamato il valore della preghiera, della carità e del dono totale di sé: «La preghiera, il ministero di intercessione – come più volte ha detto Papa Benedetto XVI – è il primo compito di un sacerdote».
Don Stefano è stato invitato a riconoscere la concretezza della chiamata: «Sei ordinato prete per un popolo in particolare, in concreto», ha detto il vescovo, ricordando che il ministero presbiterale significa «cercare il volto delle persone», anche nelle fragilità e nei dolori.
Il vescovo ha insistito sulla necessità di «donare la vita» con generosità, sulla scia di san Pio da Pietrelcina, che ha illuminato il cammino vocazionale del novello sacerdote. E ha aggiunto: «Anche tu, allora, come Simon Pietro, avrai la gioia di dare il tuo “nulla” per amore del popolo di Dio». «Al popolo di Dio che è in Civitavecchia-Tarquinia e in Porto-Santa Rufina – ha aggiunto Ruzza -tu sei inviato con la tua povertà, invitato dal Signore a donare tutta la tua esistenza in una gioiosa oblazione del cuore, della mente e del corpo».
Evocando l’immagine del povero zoppo alla Porta Bella proposta nel Vangelo, ha esortato don Stefano a essere segno di risurrezione per quanti incontrerà: «Potrai anche tu dire di alzarsi dal peccato e dalla tristezza per camminare nella gioia della fede».
Rivolgendosi al presbitero, ha detto: «Il Signore ti ha chiamato… Mi ami tu più di costoro?», ricordando come anche Pietro fu interrogato sull’intensità dell’amore: «Tutto sta proprio in questa intensità».
Infine, l’invito più decisivo: «Anche a te ancora una volta dice con forza e con immensa tenerezza: Seguimi», perché «tutta la vita è sequela di quell’Amore che ha cambiato il cuore dell’uomo e la storia del mondo». E, concludendo, ha riaffermato: «La tua vita è custodita dalla e nella Chiesa. Ella è Madre: ti accoglie come ministro dell’Eucarestia, che è il Tesoro più prezioso che ha».